Il dibattito sulla “via maestra”
Se la “simbolica” è un fattore favorente della convivenza civile, possiamo dire che la cosiddetta “via maestra” ad Ancona rappresenta una felice sintesi di “simboli”, che bene esprimono la complessità di Ancona, tanto più se la “via maestra” non viene isolata dal suo “contesto”, che ne esplicita e arricchisce il significato.
Il binomio peculiare della via è da vedere nella serie delle chiese e palazzi che la caratterizzano: da una parte le Chiese di San Domenico, di San Francesco, e del Gesù, e in parallelo il Palazzo Mengoni Ferretti sede della Biblioteca, il Palazzo Bosdari sede della Pinacoteca, il Palazzetto Baldi sede della Deputazione di storia patria per le Marche, il Palazzo degli Anziani sede del Consiglio comunale; in tal modo la via maestra evidenzia simbolicamente la dimensione religiosa e quella culturale e civile di Ancona: quasi un loro continuo confrontarsi in un ideale dialogo urbanistico e architettonico oltre che sociale e istituzionale. E che dire inoltre delle due piazze che, in successione, s’incontrano sulla “via maestra”: Piazza del Plebiscito, su cui si affacciano il Palazzo del Governo (sede della Prefettura) e il Museo della città, e, insieme, molteplici locali d’arte e artigianato, di ristorazione e degustazione; e Piazza del Senato, su cui si affacciano (direttamente o in prossimità) la Chiesa di San Pellegrino e Palazzo Ferretti (sede del Museo archeologico nazionale), Palazzo del Senato (sede della Sovrintendenza) e l’Episcopio, e lateralmente: l’Anfiteatro romano e la Chiesa di San Gregorio e poco sopra la Cattedrale di San Ciriaco sul Colle del Guasco.
E qui si conclude la “via maestra”, che può essere ripercorsa a ritroso, oppure scendendo per la “via panoramica” cha dà sul mare, trovando così al suo termine il “contesto” in cui la “via maestra” si colloca. A partire dai primi due edifici nei pressi del mare, vale a dire la Loggia dei Mercanti e il Teatro “Le muse”: il binomio commercio e cultura trova qui espressione icastica, quasi a indicare il programma di Ancona: la Loggia (come dice la sua denominazione) rappresenta il logo del commercio, e il “Massimo” rappresenta l’icona della creatività, e tra le due forme ci può ben essere uno scambio reciproco, tant’è che è stata pure usata l’espressione “il commercio delle idee” per esprimere non una contraddizione, bensì un ossimoro, a ricordare che il commercio può essere tanto delle cose quanto delle idee, perché l’uomo è sempre un essere relazionale, che ha bisogno di avere e di dare: il che può avvenire in termini etici ed estetici. Altro binomio simbolico decisamente significativo: quello della Chiesa di S. Maria e del Porto, che possono essere assunti a simbolo per indicare l’anima religiosa e l’anima laica e o, se si vuole, l’anima contemplativa e l’anima attiva di Ancona. Nella zona portuale si trovano poi due Archi: quello traianeo e quello clementino che nella loro vicinanza spaziale creano un bel contrasto con la loro distanza temporale. Infine, all’ingresso del centro di Ancona troviamo non meno emblematici Porta Pia e la statua di Traiano: segni romani e segni pontifici, che costituiscono elementi costitutivi del dna di Ancona.
Da quanto appena accennato, appare che l’anima di Ancona comprende dimensioni contrastanti, in particolare quella commerciale e quella culturale. Ma un’anima è sempre un complesso di elementi che, solo armonizzandosi, danno luogo a una identità, che per Ancona ha una configurazione classica e cristiana, civile e religiosa, e soprattutto mercantile e culturale. I diversi palazzi e chiese, monumenti e botteghe, disseminati lungo la “via maestra” (e nella zona adiacente) offrono -entro un perimetro molto ristretto- una immagine suggestiva di Ancona, che s’innalza fino al Guasco e si affaccia sull’Adriatico, per cui verrebbe da applicare ad Ancona la definizione che Jean Grenier diede del Mediterraneo, vale a dire “uno spazio breve che suggerisce l’infinito”. Infatti, la “via maestra” e la zona circostante (che la introduce e l’accompagna) “sanno di mare”, e rivelano così il destino di Ancona; la sua destinazione è proiettata ad est sull’altra costa adriatica, piuttosto che ad ovest verso le cittadine limitrofe. Se questa è la vocazione di Ancona -città adriatica e porta d’oriente- la responsabilità che ne discende impegna la città a coniugare la sua identità con la sua funzione di capoluogo provinciale e regionale.
E forse -oggi più di ieri- si può trovare un filo conduttore tra Ancona e le Marche, nel senso che la dimensione turistica, che in molteplice forme caratterizza da sempre le Marche, comincia ad essere una peculiarità anche di Ancona: un “turismo portuale”, il suo, che deve aprire ad un turismo culturale e artistico, non meno che commerciale ed economico: in ogni caso all’insegna dello spirito di apertura e accoglienza per i turisti (anche i più frettolosi) da coniugare con lo spirito di accettazione e amicizia per le molteplici culture che, in misura crescente, sono presenti nella città. Queste sono alcune delle nuove capacità che Ancona è chiamata ad esercitare ad intra e ad extra, e che richiedono la capacità di esercitare attenzione e ascolto: nei confronti dei suoi cittadini tradizionali, nei confronti nei nuovi cittadini che si aggiungono a livello multiculturale, e nei confronti dei turisti che vengono soprattutto dal suo porto.
Proprio dai turisti può essere meglio apprezzata la città, se Ancona saprà esercitare le suddette “virtù civiche delle sei A”, e proprio ai turisti Ancona (se non cede alla sciatteria) non ha poco da offrire: ben tre corsi paralleli (Corso Mazzini, Corso Garibaldi e Corso Stamira: i primi due pedonalizzati) dove si svolge una ricca o folcloristica attività commerciale, e dove sono presenti alcuni luoghi istituzionali, che compendiano la configurazione di Ancona: come città con il Palazzo del Popolo in piazza XXIV Maggio, come sede universitaria con il Palazzo del Rettorato dell’Università Politecnica delle Marche in piazza Roma, e come capoluogo regionale con il Palazzo delle Marche in piazza Cavour. Da qui si prosegue con un viale alberato, che alla fine apre di nuovo al mare. Così Ancona -gomito dorico- è racchiusa tra il mare del Porto caratterizzato dalla presenza lavorativa (del Cantiere e del traffico delle navi) e il mare del Passetto caratterizzato dalla bellezza paesaggistica (del Conero e della sua riviera).
Il che dovrebbe segnalare la necessità per Ancona di coltivare e armonizzare le diverse componenti della sua identità che è poi il modo per salvare la propria anima: diversamente si cede a un “riduzionismo mercantilistico” che la penalizza. Insomma, l’anima di Ancona vive bene e si sviluppa meglio se sa conciliare il commercio e la cultura, e l’elemento che può favorirne la necessaria interazione potrebbe essere trovato nel mare, come luogo del lavoro e del turismo e, soprattutto come habitat, per cui nevralgico diventa lo spazio portuale come punto di partenza e di ritorno della “via maestra: questa, senza far torto alle altre strade, permette di cogliere la complessità dell’anima di Ancona e può legittimamente esserne il simbolo, in particolare se colta nella simbolicità del suo contesto: il centro storico e il centro cittadino.
G. G.
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