2016/10/05: Imitando l'arte del vignaiolo divino

Arcivescovo Edoardo Menichelli

Arcivescovo Edoardo Menichelli


ARCIDIOCESI ANCONA – OSIMO Anno V – N. 2
LETTERA DELL’ARCIVESCOVO ALLA COMUNITÀ DIOCESANA
Dopo il periodo estivo si dice comunemente che riprende la vita pastorale.
Sono stato sempre convinto che per un sacerdote, la vita pastorale è un servizio a tempo pieno e, anche se c’è qualche piccolo respiro di riposo, essa prende cuore e mente nel Pastore Buono.
Alla luce di tutto ciò, scrivo questa mia lettera ringraziando tutti per il bene che si fa e invitando tutte le comunità a prendere coscienza di dover essere parte viva e credente, in mezzo alla storia che viviamo.
Siamo ancora nell’anno della Misericordia che si chiuderà nel mese di novembre.
Molte Parrocchie e zone pastorali hanno già vissuto un atto celebrativo giubilare e so che altre lo hanno in programma.
Sarei lieto se tutte le Comunità parrocchiali non solo vivessero il momento liturgico del passaggio della Porta santa, ma segnassero l’Anno della Misericordia con una storia di perdono e di fraterna solidarietà.
La mia vita sacerdotale e pastorale che data dal 1965 mi ha portato ad una personale convinzione: conta più l’incontro con le persone che i grandi programmi.
Certamente sono consapevole che i tempi che viviamo richiedono un attento discernimento e una attività pastorale appropriata; tuttavia non sono i programmi che ci salvano, ma è l’azione misteriosa dell’amore di Dio, unica capace di muovere a conversione le nostre coscienze.
È ovvio che rinnovo l’invito per un impegno sempre più appassionato nella pastorale familiare con una rivoluzionaria impostazione che si può tradurre così: “Pastorale con la famiglia e non tanto per la famiglia”.
È ovvio che solleciti i catechisti, dono prezioso per la comunità, a crescere nella preparazione, nella testimonianza e nel senso ecclesiale, cercando di dare non tanto le notizie su Gesù e sulla Chiesa, quanto piuttosto esemplarità di vita.
È ovvio che solleciti le comunità in un diffuso servizio verso le numerose povertà presenti nella storia contemporanea (da tener presente le tribolazioni dei fratelli terremotati): tuttavia l’azione di vicinanza alle povertà, deve essere sorretta e ispirata al capitolo 25 di san Matteo e alle esplicite parole di Gesù: “L’avete fatto a me”.
È ovvio che solleciti tutte le aggregazioni ecclesiali a un progetto più partecipato nell’azione missionaria della Chiesa: al centro ci deve essere l’amore per Cristo e per la Chiesa e poi l’appartenenza ad una esperienza particolare.
È ovvio che solleciti tutta la Comunità ecclesiale a guardare il variegato mondo del lavoro e a farsi carico di cercare insieme strade che offrano dignità alla vita.
È ovvio che ricordi la pastorale della salute e la necessità che i luoghi di cura siano luoghi da iscrivere sempre più nella pastorale ordinaria.
È ovvio che io ricordi a me stesso e ai sacerdoti la necessità di leggere, meditare, far proprie le sollecitazioni espresse da Papa Francesco nelle due esortazioni apostoliche (“Evangeli gaudium” e “Amoris laetitia”).
Due esortazioni queste che non modificano la verità della fede, quanto piuttosto una modalità pastorale stratificata.
È ovvio che il vescovo rinnovi l’apprezzamento per gli uomini e le donne della vita consacrata affinché siano icona gioiosa della fede in Gesù Cristo e del carisma dei fondatori.
È ovvio il dialogo con tutti, in forza di quanto già il Concilio Vaticano II indicava: trovare i “semina Verbi” nelle pieghe della cultura e nella storia dentro la quale la Chiesa è iscritta.
Tutto questo è ovvio e tutto questo non è imprigionabile in progetti e in obiettivi che appartengono più ai conteggi umani che non alla misericordia e ai tempi di Dio.
Tutto piuttosto passa per “la passione” cioè quel guardare le cose, i fatti, le persone così come Gesù richiede.
Il nostro sembra essere un tempo di passioni stanche, di passioni che hanno messo l’ancora che impedisce di accogliere anche il minimo soffio del vento dello spirito.
Mi sembra utile offrire, per una condivisa meditazione, qualche pensiero partendo dal capitolo 15 di san Giovanni, là dove Gesù dice che Lui è la vite, noi i tralci, il Padre il vignaiolo che pota.
Ho davanti a me l’arte del vignaiolo alla quale mio nonno, allora mi introdusse.
Il vignaiolo fa tre potature: taglia i tralci vecchi, toglie i tralci nuovi superflui, elimina anche alcuni grappoli perché altri siano più fruttuosi.
Se tutto ciò lo applichiamo alla vita della Chiesa e alla vita spirituale e personale, siamo obbligati a rispondere ad alcune domande che il vignaiolo ci può fare: c’è qualcosa di vecchio in noi e nella Chiesa? C’è qualcosa di non fecondo nella nostra vita, né utile alla vita della Chiesa?
Non ho alcun diritto, se non quello di guardare la mia coscienza, per rispondere alla domanda del divino vignaiolo.
Una cosa però sento di dirmi e di dirvi: smettiamola di lamentarci e di prolungare ragionamenti non fruttuosi.
Gesù diceva ai suoi discepoli ed oggi a noi, che è indispensabile “rimanere in lui” (Gv 15, 5 ss) perché solo così “la gioia sia piena” (Gv -5,11).
Frutto fecondo dell’anno della Misericordia è proprio questa gioia, che nasce dall’Amore di Dio ricevuto e riversato nei luoghi e verso le persone che incrociamo nei giorni della nostra vita.
Affido questi pensieri a tutti e chiedo a Maria Regina di tutti i Santi la docilità per me e per tutti voi.
5 ottobre 2016
CONCLUSIONE DIOCESANA DELL’ANNO GIUBILARE
domenica 13 novembre
ore 16.00 Raduno in Piazza del Senato ore 17.00 Santa Messa In Cattedrale
Per l’occasione le sante Messe serali sono soppresse in tutte le chiese della diocesi.
Imitando l’arte del vignaiolo divino