2016/11/13: Oh Cristo tu ci sei necessario!

Arcivescovo Edoardo Menichelli

Arcivescovo Edoardo Menichelli


ANNO SANTO DELLA MISERICORDIA
Conclusione del Giubileo straordinario diocesano della Misericordia
XXXIII Domenica del Tempo Ordinario
(Mal.3,19-20;Sal 97;2Tess.3,7-12;Lc 21,5-19)
CATTEDRALE DI S. CIRIACO
13 Novembre 2016
Carissimi, molte altre cose avrei potuto dirvi e molte altre forse aspettavate, ma la preghiera, la riflessione e lo spirito di Dio queste che sto per dirvi mi hanno suggerito e queste vi consegno e vi prego di accogliere.
La liturgia della Parola di questa domenica “sembra” allontanarci dalla misericordia, si parla di fuoco, condanna, terrore, sembra allontanarsi dalla misericordia che invece è, come sempre, al centro del rapporto con Dio.
Carissimi resta per tutti misteriosa e anche oscura la fine del nostro tempo, però è sempre certa la misericordia che Cristo crocefisso ha certificato per l’umanità.
Rallegriamoci allora per questo e sappiamo che la porta dell’Anno santo che chiudiamo non chiude né il tempo della misericordia, né il tempo della speranza che essa dona, né la testimonianza che essa richiede.
Cosa custodiamo di questo Anno santo?
Cosa teniamo nel cuore, di questo prolungato colloquio che ognuno di noi ha fatto con Dio e con se stesso per vedere se la sua fede in Cristo crocifisso e risorto ha cambiato o cambia la nostra vita?
Che cosa ci resta di questo Anno santo?
Se la Misericordia di Dio è Cristo crocifisso e risorto e se la misericordia è perdono e risurrezione e recupero di libertà vera, mi sento di consegnare a me stesso e a voi tutti, a cominciare dai miei cari sacerdoti e diaconi come riassunto e compito dell’Anno Santo un’espressione del Beato Paolo VI contenuta in una sua preghiera che iniziava così: «Oh Cristo tu ci sei necessario.»
Si carissimi, Cristo ci è necessario per ripulirci dal male, per essere liberi dai legacci del nostro egoismo, per avere forza contro i colpi che fiaccano la forza della virtù, per sapere amare Dio e i fratelli perché perdonati da Lui e per camminare nella giustizia e nella verità.
Sì o Cristo! Tu ci sei necessario e vogliamo riconoscerTi, vogliamo amarTi e vogliamo dire di Te a tutti come Giovanni disse a Pietro: «E’ il Signore!» di modo che tutti ti possano riconoscere e tutti si possano abbellire per accoglierTi.
Sì o Cristo, Tu ci sei necessario per dare significato e costruire ogni pezzo della nostra vita in Te, in Te che consoli, in Te che ci abbracci, in Te che ci perdoni, che ci attendi e che ci prendi.
Sì o Cristo, Tu ci sei necessario per ricomporre la storia del dolore e di morte di questo nostro tempo, per farla diventare una storia degna di noi e di te.
Cristo Tu ci sei necessario, perché ci sei sufficiente e non abbiamo bisogno di questa pletora di salvatori che dicono parole e parole, ma che alzano muri, incomprensioni, durezza di cuore.
Sì o Cristo Tu ci sei necessario ed è per questo che vogliamo amarti.
Carissimi, accanto allo sguardo su Cristo, nel quale tutto è salvezza e benedizione, consegno a me e a tutti voi un compito che chiamo con un’espressione latina: la confessio misericordiae.
La misericordia come mestiere del credente e del discepolo e anche come mestiere degli uomini e delle donne che vivono una propria laicità, la esplicito così, carissimi, questa confessio misericordiae, questo mestiere della misericordia,
La esplicito come canto della misericordia, come annuncio della misericordia, come riconoscimento e come incarnazione della misericordia.
Il canto della misericordia.
Dobbiamo cantare la misericordia, come ha fatto Maria: «Di generazione in generazione è la sua misericordia, si stende su quelli che lo temono» su quanti vivono cioè sotto lo sguardo di Dio.
Guardandovi stasera mi sento di chiamarvi gli uomini e le donne, il popolo del canto della misericordia.
L’umanità è chiamata a cantare non le sue gesta, le sue conquiste, ma il miracolo del perdono senza il quale la storia sarebbe un deserto, una solitudine, anzi un pianto.
La grande mortificazione della storia sta lì dove i suoi abitanti non si amano, sta nel piano di Dio dove invece ogni figlio è amato e ognuno può uscire dal labirinto delle indegnità.
Cantiamo, siamo perdonati e perdonabili tutti e sempre!
L’annuncio, il Vangelo della misericordia.
Occorre dirlo, poter dire a tutti che il Risorto vi attende in Galilea, cioè ci aspetta dove speravamo di essere.
Facciamoci una domanda: chi fu convocato in Galilea, a chi fu detto: «Vi aspetto in Galilea»?
Erano i discepoli traditori, fuggitivi, prigionieri della paura, i dispersi, quei discepoli carissimi sono la rappresentazione di me e di voi, dell’umanità tutta che, pur radunata e pur destinataria dell’amore di Cristo, grida, accusa, fugge.
C’è speranza e salvezza per l’umanità che riconosce il Crocifisso risorto, Colui, per usare un’espressione cara all’evangelista Luca, Colui che rimette l’anello al dito di chi è fuggito e pur sempre amato.
Occorre, carissimi, trovare la radice della colpa, ma anche la radice della salvezza a questa umanità, alla quale anche noi apparteniamo, a questa umanità, ingolfata nelle cose che fa e nel disgusto che esse provocano, a questa umanità occorre annunciare che il Misericordioso la può orientare verso la libertà.
Il consolarsi nella misericordia che molti testimoniano e spandono nella vita.
Dal giorno in cui Gesù sulla croce disse: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno.» c’è stata nella storia una moltitudine di misericordiosi, di samaritani, di testimoni del perdono, c’è stata anche una moltitudine, come oggi si dice, di ritornanti, pentiti, riabbracciati dal perdono, capaci, come Pietro, di piangere lacrime di penitenza e di sapienza.
Allora, carissimi, ad una umanità esaltata dalla e nella razionalità non soddisfacente, con la tentazione di archiviare l’amore di Dio, noi siamo chiamati ad accompagnarla non a giudicarla, perché essa possa rallegrarsi dello sguardo silenzioso e buono del Cristo e possa imitare i tanti del volontariato, del servizio solidale, come anche in questo tempo si vede nelle nostre Marche martoriate dal terremoto.
Infine la confessio misericordiae diventa l’incarnazione, l’opera di misericordia.
Gesù ci ha detto: «I poveri li avrete sempre con voi.» Noi l’abbiamo già imparata a memoria, conosciamo le opere del Vangelo; abbiamo ascoltato in questo anno, Papa Francesco che ci ha fatto elenchi nuovi di opere di misericordia, come di recente ha detto che l’opera di misericordia è l’inclusione.
Il nostro tempo, e sarà bene che una volta per tutte davanti al Crocifisso risorto anche noi ci si guardi allo specchio, il nostro tempo è compromesso e inquinato da rivendicazioni, da esclusioni, da odi, da ingiustizie legalizzate che noi, per molto tempo, abbiamo anche gongolato perché ne abbiamo goduto.
Ma tutto questo rischia di far saltare «la civiltà dell’amore» di cui tanto parlava il beato Paolo VI, allora valgano per me e per voi a nostro monito le parole di S. Agostino scritte a commento del Salmo 95 che noi sacerdoti abbiamo letto questa mattina: «Se tu vuoi incontrare il Giudice misericordioso, (il Vescovo rivolto all’assemblea chiede per due volte: Lo volete? Lo volete? L’assemblea risponde per due volte: Sì) se tu vuoi incontrare il Giudice misericordioso, sii anche tu misericordioso prima che egli giunga.
Perdona se qualcuno ti ha offeso, elargisci il superfluo e domandati: da chi proviene quello che doni se non da Lui?  Se tu dessi del tuo sarebbe un’elemosina, ma poiché dai del Suo non è che una restituzione.
Con S. Paolo domandati: che cosa mai possiedi che tu non abbia ricevuto?»
Carissimi, santa vita per voi e per me, in attesa tutti di Colui che giudicherà, con giustizia e verità, tutte le genti. Amen!
†  Edoardo Arcivescovo
(Il testo dell’omelia è stato trascritto direttamente dalla registrazione, senza revisioni da parte dell’autore)