2016/12/25: Avviciniamoci a Dio senza vergogna e diamogli del ‘tu’
NATALE DEL SIGNORE – S. MESSA DELLA NOTTE
(Is 9,1-6; Sal 95,1-3;11-13;Ti 2,11-14; Lc 2,10-11)
CATTEDRALE S. CIRIACO
Natale 25 dicembre 2016
Carissimi tutti, non so se riuscirò ad aiutare la mia e la vostra coscienza non dico a capire, perché mai ne saremo capaci, ma a guardare, con la necessaria apertura di cuore, il mistero che siamo chiamati a meditare e che celebriamo.
E’ strano carissimi come la storia, lo abbiamo sentito nel Vangelo, abbia censito questo Bambino, questo Bambino è nel decreto di Cesare Augusto come uno dei tanti personaggi della storia.
Ma la storia forse non ha ancora capito quella nascita e chi é quel Bambino.
Noi tutti conosciamo il quadro tenero e dolcissimo di questa notte, sempre meravigliosa è la nascita di un bambino e il quadro è bello con la madre, il padre, il coro degli angeli …
Noi nel tempo l’abbiamo arricchito con la nostra devozione, ad esempio con il presepe con S. Francesco e con i canti natalizi che tanto ci hanno rallegrato da bambini e che ancora oggi rallegrano i bambini di questo tempo, ricordiamo S. Alfonso Maria de’ Liguori compositore del celebre “Tu scendi dalle stelle”, il quadro lo conosciamo.
Però carissimi vorrei che questa notte, abbiate la bontà con me se mi permetto forse qualcosa che mi appena il cuore e qualche volta mi appena ancora di più quando penso che le nuove generazioni tutto questo non lo accolgono, non lo capiscono e non é loro la responsabilità di ciò!
Io sento la grande responsabilità, come Vescovo e pastore, del perché.
Noi abbiamo il quadro davanti, ma non so se riusciamo a rendere conto della storia di quel Bambino, perché la storia di quel Bambino è drammatica, perché?
Perché quel Bambino custodisce nella propria vita, una obbedienza d’amore e credetemi le obbedienze d’amore sono molto più terribili di tutti i dolori della storia del mondo.
Perché l’amore vero se è obbediente è un sacrificio, è un dono, è assunzione di responsabilità e quel Bambino sapeva perché è Dio e lo ha accettato come compito datogli dal Padre per recuperare i suoi figli.
Quel Bambino crescerà sarà il Maestro ascoltato da molti, sarà l’operatore di miracoli, e per questo molti lo seguiranno, pronti a lasciare nel momento in cui quei miracoli diventeranno correzioni anche di una vita, poi quel Bambino sarà crocifisso e morirà dentro una obbedienza d’amore.
La domanda che da sempre mi faccio, direte ma come, tu Vescovo non lo hai ancora capito?
Questo lo so a memoria, ma non so fino a che punto tutto ciò è entrato nella mia vita!
Che é venuto a fare quel Bambino?
Perché come diceva Papa Francesco poche ore fa in S. Pietro, il Natale è divenuto ostaggio di tutto, non è più il Natale che è, il Natale è ostaggio di un sentimentalismo fatuo, ci preoccupiamo di tante cose che nulla hanno a che fare con il significato del Natale.
Quel bambino cresce e un giorno parla e dice: “Io sono venuto per portarvi la vita.”
Quando lo dico ai ragazzi dico loro ma Gesù a chi parlava ai morti?
Come si permette quel Maestro di Israele di dire a me sommo sacerdote del tempio, Pilato governatore di turno, Erode, come si permette a me di dire “Sono venuto a portarvi la vita”, la vita carissimi si da a chi è morto! Perché Lui dice “Vengo a portarvi la vita.” Perché?
Ve lo dico candidamente perché noi siamo morti …
Di quale vita parla quel Bambino?
Non della vita che già ti ha donato attraverso il ministero d’amore di un uomo e di una donna, ma ci dice che siamo morti perché non abbiamo in noi la vita di Dio, non abbiamo più il Padre.
Questo è un problema serio per l’umanità!
Se l’umanità non comprende di essere figlia di un Padre, non capirà mai chi è, una umanità che non sa di essere figlia di un amore pensa di essere essa un assoluto.
Guardate la nostra storia contemporanea: perché io e voi spesso ci lamentiamo che le cose non vanno, siamo drammaticamente addolorati per i fatti che succedono quotidianamente, e pensiamo di salvarci con le armi. No carissimi! L’umanità deve comprendere che ha un Padre, che è Amore e che dà Lui la regola: “Amatevi come io vi ho amato!”
Se io e voi stasera non capiamo questo, perdonatemi, qua perdiamo solo del tempo, stiamo facendo nulla; siamo i “natalini”, coloro che si ricordano di questa cosa la notte di Natale, e ringraziamo Dio, ma la sostanza vera, unica è questa: “Vengo a portarvi la vita.”
Allora la prima domanda che mi faccio e vi faccio: “Ho la vita di Dio in me?”
Posso apparire, per quello che sto per dirvi, un po’ strano, tutti hanno una bontà del cuore, ma il problema essenziale è verificare se ognuno di noi ha capito che ha un Padre che lo ama e se, con il Suo amore, cambia la propria vita, questo è il punto!
E questo punto, in questa notte, ve lo consegno con affetto.
“Vengo a portarvi la vita.”
Come si chiama questa vita? Certamente ha qualcosa di concreto ad esempio quel Bambino è il segno di una misericordia; qualche sacerdote ha detto che il terremoto è stato un castigo di Dio per le nostre mancanze, questa è una grande stupidità, anzi è un peccato.
Dio non punisce, non è il Dio di Gesù Cristo che punisce, perché noi siamo stati perdonati!
Ma il problema è che noi non comprendiamo quel perdono e continuiamo a celebrare la nostra vita in una sorta di autonomia senza senso.
Quel Bambino è il segno di una stagione nuova dell’umanità.
Carissimi vorrei che tutti noi comprendessimo questo, per me questa è la più grande preoccupazione!
Sappiamo tutti che questo mistero che stiamo celebrando va sotto il nome di ‘Incarnazione’.
Il Figlio di Dio che è totalmente spirituale, intoccabile, immateriale prende la carne umana, si incarna, il Vangelo dice: “Il Verbo si fece carne.” e ancora: “Il Verbo prese dimora fra di noi”, “Ha messo una tenda fra di noi” cioè Dio ha un’abitazione, e qual’è l’abitazione di Dio? Dove sta Dio?
Se il Figlio di Dio ha preso la mia carne come casa, allora sta in me, quindi ognuno di noi è casa di Dio!
Lui non si è vergognato di prendere la mia carne mortale, umile, fragile, malata, non si è vergognato! Allora perché noi dobbiamo vergognarci di Lui?
Vorrei che questa idea, cioè che la carne dell’uomo e abitazione di Dio diventasse un impegno.
Io sono casa di Dio, per di più è uno che non mi chiede nemmeno l’affitto, lo fa solo perché mi ama. Ma davanti a me ce n’è un altro che è casa di Dio e allora carissimi in questo modo può cambiare il rapporto fra noi se io sono consapevole di questo? Se davanti a me c’è una persona che è abitata da Dio la posso oltraggiare? No!
Allora perché non lo facciamo? Perché non abbiamo capito questo mistero.
Ciò che sconvolge la vita non è la violenza, è l’amore! E’ necessario che noi cristiani cominciamo a vivere e a dire ciò, il problema è che noi cristiani forse non siamo più il segno dinamico della società che cambia.
Questo è il dato fondamentale: Dio abita in me, io sono casa di Dio. Ogni donna e uomo portano in sé questa presenza a prescindere dalla propria fede. Questo è un elemento sul quale dobbiamo ragionare.
Un altro elemento vorrei aggiungere.
Quel Bambino viene portato al Tempio.
A quel tempo vi era la legge che ogni bambino, dopo un mese dalla nascita, doveva essere portato al tempio per il rito della circoncisione.
Il Figlio di Dio si sottomette a questa legge e quando il sommo sacerdote lo accoglie dice di lui una parola terribile: “Costui sarà salvezza e rovina per molti”, quel Bambino è il segno della contraddizione.
Ciò significa che dal momento in cui è venuto, ogni persona, ci piaccia o no, ci “sbatte il muso”.
Non si può essere neutri di fronte all’amore: o dici sì o dici no.
L’incontro con Cristo non è mai insignificante, perché lui scombina una normalità dormiente.
Vorrei tanto che questa notte e domani pensassimo questo.
Termino con tre frasi che Papa Francesco ha detto nell’incontro con la Curia romana per gli auguri natalizi:
La prima frase: “Che festa è questa di oggi? E’festa dell’umiltà amante di Dio.”
Il superbo non ama, Dio per farci capire che ci ama è diventato umile.
La seconda frase, citando il presbitero e teologo Romano Guardini: “Dio, attraverso l’Incarnazione, capovolge tutto ciò che l’uomo pretende di edificare da sé.”
Quanti prepotenti nella storia! Li ricordiamo perché siamo obbligati a studiarli; Lui, che non siamo obbligati a studiarlo, è l’Unico che ha cambiato la storia.
La terza frase, del Beato Paolo VI, che nel 1963, quando ero ancora in seminario, in occasione del S. Natale disse: “Quel Bambino è piccolo, perché nessuno avesse vergogna di avvicinarlo, perché ognuno potesse dargli del ‘tu’.“
Questa frase del beato Paolo VI vorrei che fosse l’augurio che ci diciamo in questa Santa notte: avviciniamoci a Dio senza vergogna e diamogli del ‘tu’.
Amen!
† Edoardo Arcivescovo
(Il testo dell’omelia è stato trascritto direttamente dalla registrazione, senza revisioni da parte dell’autore)