2017/05/04: S. Ciriaco rendici martiri del dono della vita!
Festa S. Ciriaco Patrono di Ancona
(Ap 12, 10 – 12a; Sal 125; Col 4,12-19; Lu 9, 23-26)
CATTEDRALE SAN CIRIACO – Ancona
Ancora una volta celebriamo questa liturgia festosa e con la quale assicuro la mia preghiera per la città, per quanti sono chiamati a custodirla, a renderla sempre migliore e anche per tutta la comunità diocesana.
Questa memoria liturgica di S. Ciriaco richiama alla mente una lunga tradizione di fede, di affidamento e anche un’ intensa relazione tra la città e il suo punto storico più alto, più nobile, più significativo; fra un popolo e il suo pastore, fra un padre che protegge e i figli che a lui ricorrono con fiducia.
Parto da questa convinzione dire S. Ciriaco significa dire l’identità del popolo di Ancona; per dirla con parole solenni l’identità della sua ‘civitas’ e della sua ‘ecclesia’ cioè l’identità di una cittadinanza e quella della comunità cristiana che nei secoli hanno stabilito una simbiosi di vita.
Fra S. Ciriaco Vescovo e la nostra Chiesa è presente una sorta di comune destino che chiamerei anche un legame d’amore che, nel tempo, si è fatto protezione e fiducia devota, filiale.
Il significato del titolo di patrono trova spiegazione nell’altro titolo quello di padre.
S. Ciriaco continua ad esercitare nella sua città e in diocesi quel ministero, quel servizio di paternità che protegge, educa, corregge, che dà fiducia e speranza, che difende senza tuttavia pensare che i giorni della vita e della fede, di quanti sono sotto la sua protezione, siano giorni fuori della croce.
Per il mio servizio di pastore chiedo sempre che S. Ciriaco mi sia padre e mi aiuti a far risuonare oggi la sua testimonianza che la tradizione ci ha consegnato, chiedo che mi aiuti a far risuonare il suo testamento pastorale e spirituale che ha due connotazioni di fedeltà a Dio e di dono di sé, infatti il suo martirio è cattedra e obbedienza al Vangelo che nel brano proclamato poco fa ricorda che si salverà colui che dà la vita perché se vuoi salvare la tua vita la devi perdere.
Fatta questa premessa facciamoci alcune domande: sarà contento S. Ciriaco di noi? Questo santo Vescovo è contento del nostro tempo, della nostra fede? Cosa ci direbbe se vivesse qui ed ora?
Vi dirò che queste domande mi rallegrano, ma al tempo stesso mi turbano e non poco, perché le sento anche su di me.
Sono certo che comunque ci aiuterebbero a restare fedeli alla Parola di Dio e ci solleciterebbero ad incarnarla nella nostra storia segnata da tante speranze ma anche da ricorrenti tribolazioni, segnata da grandi disordini etici e anche da infedeltà che rendono questa storia contemporanea non sempre degna né dell’uomo, né di Dio.
Al centro della sua premura di custodire la città sono certo che una cosa, con la stessa forza di Papa Francesco, ce la direbbe: ci inviterebbe tutti a rinnovare l’impegno di evangelizzare.
Cosa manca, carissimi, a questa nostra storia? Non mancano le parole, manca la Parola!
Evangelizzare significa proprio quella Parola, che non danneggia nessuno, che non offende nessuno ma che invita, orienta, scuote, illumina la coscienza personale e sociale per renderla aperta alla dignità dell’uomo e per renderla aperta alla regola e alla verità di Dio ma anche capace di oltrepassare le censure culturali che ci sono addosso e anche alcune strutturali intimidazioni che toccano la persona e l’organizzazione della società.
Riferendomi alle censure culturali e alle intimidazioni strutturali non voglio far passare che siamo in un regime dittatoriale, ma che oggi certe parole non si possono dire più.
Per tutti è sempre difficile disegnare la gerarchia dei mali che di tempo, in tempo affliggono la bellezza della vita, ogni tempo ha i suoi mali, perché non esiste una società o una Chiesa perfetta, perché non esiste l’umanità perfetta.
Dentro questa difficoltà provo a fare un quadro del nostro tempo, un quadro al quale manca la Parola.
In questa società si può dire qualcosa sul processo dissolutore della famiglia?
Ricordiamoci tutti che se salta la famiglia salta la società!
Eppure della famiglia non si parla più, anzi la parola famiglia scandalizza, come scandalizza la parola matrimonio.
Un’altra cosa che affligge questa società: l’ indifferenza nei confronti delle questioni ultime dell’esistenza.
Non si pronuncia più nemmeno la parola morte, la morte carissimi, ci piaccia o non ci piaccia, segna il tempo e su questa questione si fa una grande fatica.
Si può dire qualcosa sulla cosiddetta latitanza educativa? Che non è solo il galateo, è innanzitutto la verità sulla persona umana e la dignità riconosciuta di ogni persona umana.
C’è una latitanza educativa spaventosa!
L’insignificanza di Dio nella vita. Comprendo che la comunicazione sociale deve essere su certi punti asettica, ma davanti agli efferati delitti che si compiono, che si raccontano non c’è mai riferimento sapienziale come facevano gli antichi filosofi…
Oggi impera questa insignificanza di Dio nella vita.
Di fronte ai gravi delitti non c’è mai l’orientamento pensoso, l’interrogativo che dice ‘ma guarda che la tua coscienza è guardata da Qualcuno superiore a te.’
Le manipolazioni sulla vita umana in nome della tecnologia e della scienza.
Sono rimasto esterrefatto nell’apprendere che non esiste più un metodo (quello della fecondazione) per fare nascere una vita ne esistono più di duecento e sono tutti metodi tecnologici, cioè si rischia di nascere senza padre e senza madre.
La società competitiva e qualche volta anche poco solidale.
La corruzione che avvelena la giustizia e che spaventa la convivenza sociale, è oramai dilagante l’idea che c’è la corruzione in tutto ciò che ci circonda.
Gli egoismi delle economie finanziarie, l’eccedenza del benessere che ci ha tradito, le vicende di violenza sulle persone e anche sugli stati …
Per tutto questo che cosa possono offrire il Vescovo santo di ieri e il Vescovo peccatore di oggi?
La forza e la libertà del Vangelo che ha medicina di tutto, che innalza la cattedra scandalosa del Dio crocifisso e risorto.
Occorre comprendere questa cattedra, perché la qualità di una vita degna e di una cittadinanza responsabile sta proprio nel dare la vita, nell’amare, nell’abitare la realtà e non rifuggire dalla realtà.
Anche la comunità cristiana deve essere capace, non solo di custodire l’eredità culturale del passato,
infatti la memoria del passato non è solo una contemplazione, ma occorre che quell’eredità si faccia profezia oggi, per scuotere la coscienza in modo che metta in circolo i doni di cui ognuno è portatore.
Lo scenario della storia attuale chiede a tutti, in particolare alla comunità cristiana, di superare una fase difensiva e di paura e di accentuare la dimensione della speranza gioiosa.
Mi piace ricordare un’affermazione di Papa Benedetto XVI che parlando della nostra storia diceva: “Come cristiani ci vogliono trasformare in moralisti noiosi, in realtà il Vangelo non è un cumulo di proibizioni, ma una opzione positiva.”
Papa Francesco ci ricorda: “Il cristiano non si allontana dalla storia consolandosi nelle private preghiere o nelle devozioni, ma entra con gioia nelle vicende della vita.”
La logica del Vangelo non è il potere, ma è il perdere.
Concludo con la parola del Vangelo del quale come Vescovo ho titolo di dire e che per me é seme nuovo per i malanni di questo tempo: “Se il chicco di grano caduto in terra non muore rimane solo, se invece muore produce molto frutto.” (Gv 12,24)
In queste parole c’è il programma di salvezza contro tutte le tentazioni di egoismo che lacerano la vita sociale e offendono la dignità della persona umana; per voi e con voi a S. Ciriaco dico: “ S. Ciriaco rendici martiri del dono della vita!”
Amen!
† Edoardo Arcivescovo
(Il testo dell’ omelia è stato trascritto direttamente dalla registrazione, senza revisioni da parte dell’ autore )