Cari fratelli e sorelle,
siamo qui radunati in preghiera, per rendere grazie a Dio, infinità Trinità, per tutti i Suoi benefici. Ringrazio il parroco don Dino, tutti i sacerdoti qui presenti, i religiosi, i diaconi, le religiose, il Sindaco, Simone Pugnaloni, tutte le Autorità civili, militari, accademiche, di ogni ordine e grado e tutti voi cari fratelli e sorelle nella fede, così numerosi. Grazie per la cordiale e calorosa accoglienza in questa bella città di Osimo, posta in alto sulla collina, con la sua gloriosa storia, i suoi monumenti, tra cui questa concattedrale di S. Leopardo, uno degli esempi più belli di architettura romanico-gotica delle Marche, con il bellissimo crocifisso e poi il santuario di S. Giuseppe da Copertino, patrono della città.
Venendo ho ammirato l’incantevole paesaggio e i campi coltivati. Abbiamo ascoltato la parola di Dio di questa domenica che ci rimanda all’immagine della vigna.
Nella prima lettura abbiamo ascoltato il canto d’amore per la vigna di cui il Signore si prende cura, ma nonostante tutte le attenzioni e premure ricevute, produce uva acerba, non buona e per questo non sarà più vangata e potata, verrà ridotta a deserto. Anche il Vangelo ci parla della vigna.
Gesù amava le vigne, doveva conoscerle molto bene. Le osservava con occhi di amore e nascevano le parabole. Ha adottato la vite come proprio simbolo: Io son la vite, voi i tralci (Gv 15,5). In questa domenica il Vangelo ci presenta una significativa parabola, quella di una vigna affidata a dei vignaioli. Il padrone manda i suoi servi a ritirare il raccolto. Ma <<i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro la lapidarono>>. Dopo aver mandato un numero maggiore di servi deve constatare che ugualmente e brutalmente vengono uccisi, infine manda il suo figlio credendo che lo avrebbero risparmiato. Invece l’invidia li acceca e uccidono il figlio. La vigna siamo noi, sono io: tutti insieme speranza e delusione di Dio. Dio si prende cura di noi continuamente e visita la nostra storia personale. Dio moltiplica i suoi gesti di amore, fino a mandare il suo Figlio. Ma l’uomo continua a rispondere “no”, accecato dall’avere, dal possedere, dal prendere e dall’accumulare. Questa ubriacatura per il potere e il denaro è l’origine delle vendemmie di sangue sulla terra. Dio rispetta il “no” che l’uomo gli getta in faccia. Dio è deluso dell’uomo, ma non si scoraggia, continua a offrirci la possibilità di salvezza. Ci chiediamo: ma chi perde in questa storia? Perdiamo noi. Siamo noi che con il nostro continuo “no” a Dio costruiamo la nostra infelicità. Diventiamo capolavori falliti! Tutto quello che Dio poteva fare lo ha fatto e continua a farlo. Ma Dio non salva nessuno che non lo voglia. Diceva S. Agostino: “Chi ti ha creato senza la tua volontà non ti salverà senza la tua volontà”. Nonostante le nostre infedeltà, Dio rimane fedele al suo patto d’amore. Ciò che Dio si aspetta non è il tributo finalmente pagato, ma una vigna che non maturi più grappoli di sangue e mari di tristezza, bensì grappoli caldi di sole e dolci, una storia che non sia guerra di possessi, battaglie di potere, ma produca una vendemmia di bontà, un frutto di giustizia, grappoli di onestà. Il mondo è di Dio, ma è dato a chi lo rende migliore. Beati noi se sappiamo accogliere i doni di Dio e pregare con il salmo 79. “Da te mai più ci allontaneremo, facci rivivere e noi invocheremo il tuo nome.Signore, Dio degli eserciti, fa’ che ritorniamo, fa’ splendere il tuo volto e noi saremo salvi”. L a Vergine Maria, i santi patroni S. Ciriaco e S. Lopardo, S. Giuseppe da Copertino, ci accompagnino e ci proteggano nel cammino della fede e delle opere buone. Amen.
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