Fratelli e sorelle è la festa di S. Francesco di Assisi questo santo amato da tutti, Patrono d’Italia, come ci ha ricordato il parroco Don Luca; lui da Assisi ha percorso questa terra, le vie di questa città, ha visto per la prima volta il mare e vedendolo si è posto una domanda: tornare indietro o navigare? Fermarmi o continuare?
Ma nel suo cuore c’era un fuoco, un ardore che lo portava lontano, il fuoco dello Spirito Santo.
Il Vangelo non può rimanere chiuso, deve essere portato a tutti come ha detto Gesù: “Andate in tutto il mondo, predicate il Vangelo ad ogni creatura” (Mc 16. 15)
Questa città è grata a questo santo che ha calpestato il suo suolo e ha benedetto le sue acque e la sua protezione dal cielo è continua e perenne. Conosciamo bene la vita del giovane di Assisi figlio di Bernardone, un giovane spensierato che amava la dolce vita, ma che poi incontra il momento difficile, il momento della malattia, il momento della crisi e la crisi è dura.
Ma crisi non significa la fine, ma significa il passaggio: come il bruco nel bozzolo ha il passaggio di crisalide per diventare farfalla leggera, colorata e bella.
Così Francesco nel momento tormentoso della sua giovinezza si reca alla chiesa di S. Damiano e la chiesa è tutta rovinata, nella chiesa c’è un crocifisso e lui si sente abbracciato, così amato, tanto che lui scriverà “Gesù il tuo amore per me è esagerato, perché ti sei fatto mettere i chiodi alle mani e ai piedi, la corona di spine sul capo, tu mi hai amato da morire e il Signore gli dice: “Francesco va e ripara la mia chiesa.” (2.Cel 3)
All’inizio pensa che deve rimettere in ordine quelle pietre cadenti e quelle travi già a terra, ma poi coglie che la prima chiesa da ricostruire è la sua vita e la sua vita viene illuminata con la grazia e allora lui comincia a vivere con semplicità, con povertà, con umiltà, in castità.
Vuole bene al papà e alla mamma, ma restituisce loro gli abiti, perché il padre suo vero, è il padre celeste, il tesoro della sua vita non sono i tesori ammassati in un magazzino e da commerciare, ma il tesoro che mai finisce è Dio.
Comincia così la sua esperienza di uomo semplice, di fratello piccolo, minimo, minore.
La storia di questo santo ci commuove, perché proprio aprendo i suoi occhi alla luce di Dio e il suo cuore alla grazia la sua vita cambia e noi sappiamo che è grande non solo per umanità e per santità, ma perché anche la nostra letteratura italiana comincia proprio con Francesco, con il famoso cantico di Frate Sole: “Altissimu, onnipotente, bon Signore, tue so’ le laude, la gloria et l’honore et onne benedictione. Laudato sie.”
E lui comincia a dire: per il cielo, per la terra, per le acque, quando ha lodato il Signore per le acque, forse avendo visto le acque del mare gli si sono così impresse dentro come gratitudine a Dio che tutto crea, che tutto ci dona.
La creazione è lo spettacolo che Dio ci ha messo nelle nostre mani, non per possederlo, né da distruggere, ma da custodire e da salvaguardare, da usare, ma non da abusare.
Ma Francesco è l’uomo della pace, perché come ci ha detto il Vangelo: “Si o Padre ti rendo lode – dice Gesù – perché le cose grandi tu le fai vedere ai piccoli, a chi si fa semplice, a chi si fa bambino e Francesco davanti a Dio si è sentito un granellino di sabbia nell’immenso deserto dell’amore di Dio. Allora lui ha cominciato a pregare e a dire: cosa posso farci con la mia vita, questa sera ognuno di noi se lo chiede cosa posso farci con la vita? Con gli anni che ho davanti, per quelli che sono passati chiedo perdono e per quelli che ho davanti?
E Francesco prega così: Signore fa di me uno strumento della Tua pace, dove odio fa che porti amore, dove disperazione che porti la speranza, dove è dubbio che io porti la pace. E’ perdonando che si è perdonati e si rinasce a vita nuova.
Queste cose lui le ha sperimentate, ecco perché davanti a Dio lui ha cominciato una lode infinita, tu sei l’altissimo, tu sei la bellezza, tu sei la grazia, tu sei l’infinito, tu sei tutto.
Quando si ascolta la Parola di Dio e si vive il Vangelo noi veniamo arricchiti nell’umanità, perché togliamo tutte le scorie di ruggine e troviamo il vero tesoro che brilla e che è Dio.
Francesco viene unito all’esperienza di Gesù, la prima lettura ci parlava di Paolo che diceva: “Io di nient’altro mi vanto se non della croce di nostro Signore Gesù Cristo. Anche io Paolo sono stato crocifisso per il mondo, porto in me le sofferenze!”
Francesco ha avuto il dono delle stimmate, quelle piaghe alle mani, ai piedi e al costato non sono piaghe di dolore ma piaghe di amore, sperimentare come si trasforma il dolore in amore, la disperazione in speranza di offrire tutto. Colpisce che quest’uomo non vuole diventare sacerdote per restare umile e resta ordinato solo diacono e che a 42 anni, prima di morire, vive anche la sofferenza fisica e una terribile perché non vede più, ma vede con gli occhi del cuore che sono gli occhi della fede.
Francesco umile e povero, oggi parla a me e a te, accogli Dio, ricostruisci la tua casa, la tua vita, lodalo e benedicilo con tutte le creature. E questa terra che Dio ci ha dato, che è nostra madre oggi protesta perché non la stiamo trattando bene e anche noi stessi se non stiamo bene, e siamo preoccupati e siamo nervosi, angosciati, sfiduciati è perché non ci stiamo trattando bene.
Dio vuole trattarci bene ecco perché il Salmo ci ha fatto pregare: “Cosa ci sarà dopo, chi è l’eredità della mia vita? Tu sei Signore la mia eredità!”
San Francesco benedica la nostra nazione l’Italia e benedica questa nostra amata e bellissima città di Ancona.
Amen!
† Angelo Arcivescovo
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