Come è ormai lunga tradizione, anche quest’anno è stata celebrata la festa del Covo a Campocavallo. Tantissime le persone che han partecipato alla celebrazione eucaristica con una nutrita rappresentanza venuta dalla Polonia. Ha presieduto la S.Messa l’Arcivescovo. Di seguito viene riportato il testo dell’omelia.
“Carissimi fratelli e sorelle,
siamo qui in questa domenica, per la Festa del Covo, a ringraziare Dio dei doni della creazione e della redenzione.
Rivolgo un deferente saluto al Sindaco di Osimo, a tutte le Autorità civili e militari, ai pellegrini e a voi amici di Campocavallo qui convenuti, così numerosi. Saluto i sacerdoti presenti e in modo particolare i Servi di Maria che in passato hanno servito questo santuario.
Un grazie di cuore a Padre Giovanni, alla Comunità francescana e alle Suore.
Un saluto tutto particolare e grato al dottor Don Emil Furtak, rappresentante della Arcidiocesi di Cracovia che ha portato la reliquia di S. Giovanni Paolo II, unitamente al Sindaco, e al gruppo con i costumi folkloristici della Polonia.
Il cardinale Stanislao Dziwisz ha inviato un caro saluto a tutti voi. A causa di impegni pastorali non è potuto venire a presiedere la celebrazione, avrebbe tanto voluto essere presente, visto che quest’anno la tradizionale opera del Covo, realizzata con spighe di grano, è dedicata alla Basilica di Santa Maria Assunta di Cracovia, a cui l’amato pontefice San Giovanni Paolo II era molto legato.
In una lettera che il Cardinale mi ha fatto giungere scrive: “Auguro a lei e a tutti gli organizzatori di questa manifestazione del “Covo” ogni auspicio di bene nel Signore, assicurando la mia preghiera, secondo le Vostre intenzioni con l’auspicio che si possa cogliere tutti i desiderati frutti spirituali”.
Per me è la prima volta che partecipa alla Festa del Covo, espressione della civiltà contadina e della religiosità popolare. E’ questo per tutti noi un momento di grazia. Abbiamo ascoltato la parola di Dio. Ci parla di fame e di pane. Il mangiare è un bisogno naturale nella vita umana, se non si mangia si muore. La prima lettura ci parla del popolo d’Israele che nel deserto mormora e chiede pane e carne. Dio nella sua bontà manda la manna e le quaglie e dona il cibo a tutti, facendo fare esperienza che è lui che sfama e dà la vita nel deserto, luogo inospitale e di morte.
Il vangelo ricollegandosi a quello di domenica scorsa, in cui la folla venne sfamata dalla moltiplicazione dei pani e dei pesci operata da Gesù, mette in evidenza che lo seguiva perché voleva farlo re.
E’ facile seguire qualcuno quando si ha fame e si riceve tutto gratis, senza impegno. Gesù allora smaschera quanti si sono messi alla sua ricerca dicendo: “Voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato quei pani e vi siete saziati”. E allora coglie l’occasione per far capire che nella vita c’è bisogno di un altro pane, il vero pane, il pane della vita che è Gesù stesso. Egli non solo ha moltiplicato i pani per sfamare per un giorno, ma vuole dare se stesso perché ognuno abbia la vita piena.
Le cose, lo sappiamo, non bastano mai. Anche le persone possono darci tante cose: affetto, stima, amore, ma non possono colmare la nostra vita perché se ne vanno. Chi può saziare la fame dell’uomo? La risposta è non nelle cose create, ma nel pane disceso dal cielo. Pane che non solo è un pugno di farina impastato e cotto al forno. E’ la vita di Dio data a noi nell’Eucaristia, pane che dà la vita per sempre.
L’Eucaristia è dono e mistero. Dio non chiede, Dio dà, non pretende, ma dona. Chi accoglie Gesù nell’Eucaristia trova la risposta alla sua fame e alla sua sete perché lui ha detto: “Chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà più sete”. Il cibo che veniamo invitati a mangiare è un pane di vita. Quando Gesù dice: “Fate questo in memoria di me” ci invita a farci pane per la vita degli altri. Non fa Eucaristia un cristiano che non sa sacrificarsi per i fratelli, che non sa perdonare, che vive l’isolamento, l’egoismo, la mancanza di fiducia.
L’Eucaristia deve diventare il cuore delle nostre giornate, perché è il centro di ogni attività dello spirito. Gesù ha detto: “Io sono il pane della vita”. Senza questo pane la nostra vita è vuota, non ha senso.
Gesù afferma: “Datevi da fare non per il cibo che perisce, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà”. (Mt 4,4; Lc 4,4) Questo secondo cibo è per la vita eterna, una vita che rimane oltre la morte. Qui occorre di nuovo fare attenzione: nessun disprezzo da parte di Gesù per “il nostro pane quotidiano” (Mt 6,11; Lc 11,3), che egli ci ha chiesto di invocare nel Padre nostro; nello stesso tempo, però, Gesù esorta a desiderare, cioè a lavorare con altrettanta intensità e convinzione in vista di quel cibo che solo lui può donare, il cibo che dà la vita per sempre.
Si tratta di operare per cercare, ottenere, ricevere in dono questo nutrimento e non di andare dietro a lui chiedendogli solo il cibo materiale! Il nutrimento per la vita eterna sarà dato da Gesù stesso.
Abbiamo ascoltato come la gente pone a Gesù una ulteriore domanda: “Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?”. Ovvero: “Come operare secondo la volontà di Dio?”. Gesù, in risposta, rivela l’opera, l’agire per eccellenza, l’azione delle azioni è credere, aderire a colui che Dio ha mandato. E qui il credere – sia chiaro – non è inteso come un’operazione intellettuale o semplicemente cognitiva, dunque tesa ad acquisire una dottrina, ma è l’essere coinvolti nella vita di Gesù, l’aderire a lui in modo da essere dove lui è (cf. Gv 12,26; 14,3; 17,24), condividendo con lui la stessa vita, radicalmente e “fino alla fine” (Gv 13,1).
Ecco cosa chiede oggi Gesù a ciascuno di noi, credere in Lui, accogliere il dono dell’Eucaristia, cibo per la vita eterna.
Come la Vergine Maria Addolorata, che ai piedi della croce, ha accolto il Figlio morto per la nostra salvezza, così lasciamoci guidare da lei, per accogliere nella nostra vita colui che si è sacrificato per noi e per la nostra salvezza, che dona le vita eterna a coloro che credono in lui e mettono in pratica la sua parola. Amen.
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