Venerdì 16 novembre, Piazza Pertini in Ancona, si è animata con la presenza di tante persone che hanno preso parte al cammino per celebrare la seconda giornata mondiale del povero. Un momento qualificante, per comprendere e praticare attraverso la carità, la solidarietà, l’integrazione, l’accoglienza del grido dei poveri, collaborando attivamente con loro, per aiutarli ad uscire dalla povertà e realizzare forme di vita consone a quella dignità umana. La povertà è la problematica più scottante di questi tempi ed è la vera sfida che è di fronte a tutti. Persone di diversa etnia, poveri che frequentano la mensa della caritas diocesana e di padre Guido, volontari, operatori caritas, hanno accolto l’invito e dato vita a un momento di incontro che è stato introdotto da Simone Breccia, direttore della Caritas della diocesi di Ancona-Osimo. Sono state lette alcune frasi del messaggio di Papa Francesco: “Questo povero grida e il Signore lo ascolta. Chi scrive queste parole non è estraneo a questa condizione, al contrario. Egli fa esperienza diretta della povertà e, tuttavia, la trasforma in un canto di lode e di ringraziamento al Signore. Ci viene detto, anzitutto che il Signore ascolta i poveri che gridano a Lui ed è buono con quelli che cercano rifugio in Lui con il cuore spezzato dalla tristezza, dalla solitudine e dall’esclusione”. Tra la curiosità di tanti, è iniziata la marcia da piazza Pertini fino alla chiesa dei santi Cosma e Damiano. La giornata Mondiale dei Poveri intende essere una piccola risposta che dalla Chiesa intera, sparsa in tutto il mondo, si rivolge ai poveri di ogni tipo e di ogni terra perché non pensino che il loro grido sia caduto nel vuoto. Che cosa esprime il grido del povero se non la sua sofferenza e solitudine, la sua delusione e speranza? Possiamo chiederci: come mai questo grido, che sale fino al cospetto di Dio, non riesce ad arrivare alle nostre orecchie e ci lascia indifferenti e impassibili? E’ il silenzio dell’ascolto ciò di cui abbiamo bisogno per riconoscere la loro voce. Il grande striscione colorato sostenuto da tante mani è stato un segno che ha interpellato i t passanti. La prima sosta del cammino è stata fatta nel Corso Garibaldi dove sono state ascoltate due testimonianza la storia di Seidu Ba e il racconto di Giuseppe. Se il povero grida, il Signore ascolta, la risposta al su grido è la concretezza ecco perché giunti davanti alla chiesa dei santi Cosma e Damiano tutti sono stati invitati ad entrare nella sala per condividere la festa e “vedere” come il Signore risponde attraverso i gesti di carità. Nel grande salone, sottostante la chiesa, è stata preparata la mensa e la cena per i tanti ospiti poveri, provenienti da diversi paesi e per i volontari. Subito si è respirato un clima di accoglienza, di fraternità e di condivisione. Altro momento per creare relazioni significative è stato quello della tombolata con ricchi premi e la soddisfazione di tutti. Hanno vinto non solo i pochi fortunati ma a è stato consegnato un dono.
Dopo la cena in chiesa è seguito il momento di preghiera, con la riflessione dell’arcivescovo. “Questo povero grida e il Signore lo ascolta”, sono le parole del Salmo 44 che fanno da cornice alla seconda Giornata Mondiale dei Poveri che si celebrerà il 18 novembre, nella ricorrenza della XXXIII Domenica del Tempo. E’ stata istituita da Papa Francesco al termine del Giubileo della misericordia. Ci chiediamo: Chi sono i poveri? Dolore, emarginazione, sopruso, violenza, torture, prigionia e guerra, privazione della libertà e della dignità, ignoranza e analfabetismo, emergenza sanitaria e mancanza di lavoro, tratta e schiavitù, esilio e miseria, ecc., sono i “mille volti” della povertà. Verso i poveri, spesso alziamo muri e recinti, pur di non vederli e non toccarli, dall’altro della nostra “ricchezza sfacciata”. C’è una pagina di vangelo, bellissima, in cui un uomo cieco, Bartimeo, nella città di Gerico è ai margini della strada a mendicare (Cf Mc 10.46-52). Sentendo che passa Gesù si mette a gridare: <<Gesù figlio di Davide, abbi pietà di me!>>. Bartimeo è un povero che si ritrova privo di capacità fondamentali quali il vedere e il poter lavorare. Come Bartimeo, tanti sono oggi i poveri lasciati ai bordi della strada in cerca di aiuto e di senso alla loro condizione. Sono caduti in fondo ad un abisso e non riescono ad uscirne. Sono lì a mendicare nella speranza che qualcuno si avvicini. Nel caso di Bartimeo, Gesù si avvicina e si ferma. Le persone dicono a Bartimeo: <<Coraggio! Alzati, ti chiama!>>. Purtroppo, oggi, le voci che si sentono non sono quelle di dire:“Alzati!”, ma quelle del rimprovero e dell’invito a tacere e a subire. Sono voci stonate, spesso determinate dalla paura per i poveri, considerati non solo come persone indigenti, ma anche come gente portatrice di insicurezza, instabilità, disorientamento delle abitudini quotidiane e, pertanto, da respingere e tenere lontani. Si tende a creare distanza tra sé e loro e non ci si rende conto che in questo modo ci si rende distanti dal Signore Gesù, che non li respinge ma li chiama a sé e li consola, come fece con Bartimeo, a cui ridonò la vista. Eppure la salvezza di Dio dovrebbe prendere la forma della nostra mano tesa verso il povero, facendogli sentire l’amicizia di cui ha bisogno facendogli sperimentare la vicinanza che lo libera, come ci ha ricordato Papa Francesco nell’Evangelii Gaudium (n.187) “Ogni cristiano e ogni comunità sono chiamati ad essere strumenti di Dio per la liberazione e la promozione dei poveri”. Nei poveri si manifesta la presenza di Gesù, che da ricco si è fatto povero (Cf 2Cor 8,9). Per questo in loro, nella loro debolezza, c’è una “forza salvifica”. “E se agli occhi del mondo hanno poco valore, sono loro che ci aprono la via al cielo, sono il nostro “passaporto per il paradiso”(Papa Francesco, Omelia 19 novembre 2017). Per noi è dovere evangelico prenderci cura di loro, che sono la nostra vera ricchezza, e farlo non solo dando pane, ma anche spezzando con loro il pane della Parola, di cui essi sono i più naturali destinatari. Amare il povero significa lottare contro tutte le povertà, spirituali e materiali. Ci farà bene accostare chi è più povero di noi. Ci ricorderà quel che veramente conta: amare Dio e il prossimo. Solo questo dura per sempre. Tutto il resto passa; perciò quello che investiamo in amore rimane, il resto svanisce. Perché per il cielo non vale ciò che si ha, ma ciò che di dà. Il Signore, che ha compassione delle nostre povertà e ci riveste dei suoi talenti, ci doni la sapienza di cercare ciò che conta e il coraggio di amare, ma non a parole, ma con i fatti.
Altro momento significativo della giornata del povero si è tenuto sabato 17 novembre nell’aula magna del Seminario Regionale con la presentazione del dossier regionale delle caritas diocesane delle Marche.
Le Caritas delle Marche nel 2017 hanno attuato più di 100.000 interventi, di cui quasi 60.000 sono stati indirizzati al contrasto della povertà alimentare (mense, buoni viveri, empori solidari). Sono stati effettuati 13.000 ascolti, 5.000 interventi economici, 4.000 interventi nell’ambito dell’istruzione e della formazione (scuola di lingua italiana) e più di 2.000 interventi nell’ambito sanitario (visite mediche, elargizioni di farmaci).
Dai dati emerge come la Chiesa Marchigiana, una chiesa di popolo, dedichi numerosi sforzi e risorse per alleviare le sofferenze delle persone aiutandole con erogazioni di beni o con il pagamento di canoni o bellette, che rappresentano tuttavia gli strumenti per raggiungere obiettivi più alti e duraturi quali lo sviluppo integrale dell’uomo e la sua autonomia.
La maggior parte delle energie, non sempre facili da rilevare dai dati, sono rivolte, infatti, alla relazione tra le persone e alla realizzazione di interventi mirati a restituire integrità e dignità alla persona.
Domenica 18 novembre è stata celebrata la Giornata mondiale dei poveri che coinvolge sempre più parrocchie, associazioni, movimenti ecclesiali e vuole essere un segno di speranza e uno stimolo a diventare strumenti di misericordia nel tessuto sociale.
Ad Osimo la caritas dicoesana e i padri conventuali francescani, nel refettorio del santuario di san Giuseppe da Copertino hanno allestito la mensa dove sono state accolte tante persone e in un clima di fraternità è stato condiviso il pranzo.
La risposta di Dio al povero è sempre un intervento di salvezza per curare le ferite dell’anima e del corpo, per restituire giustizia e per aiutare a riprendere la vita con dignità. La risposta di Dio è anche un appello affinché chiunque crede in Lui possa fare altrettanto nei limiti dell’umano e liberare da ogni forma di egoismo.
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