“Da san Francesco a papa Francesco: impegnarsi per la pace” è il tema di cui ha parlato ieri Beppe Elia, presidente nazionale del Meic (Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale), nell’auditorium della parrocchia di San Paolo Apostolo, alla presenza dell’arcivescovo di Ancona-Osimo Angelo Spina, del direttore dell’Ufficio diocesano per la cultura Giancarlo Galeazzi e del presidente del Meic di Ancona Gaetano Tortorella.
«Il santo di Assisi e papa Francesco sono due uomini di pace – ha spiegato Beppe Elia – non solo perché parlano di pace, ma perché hanno vissuto e testimoniato cosa vuol dire costruire la pace. La loro scelta di essere uomini di pace non è stata e non è indolore e ciò unisce queste due figure. Entrambi infatti sono uomini che hanno subìto e subiscono la derisione, la critica e l’incomprensione perché propongono un ideale di vita che è estraneo al modo comune di pensare. Parlando della pace, proprio il Papa nel 2013 ha detto che è un dono che impegna e che passa attraverso la croce. La pace non è il buonismo, ma presuppone la mitezza evangelica, una virtù che è fortemente presente nel santo e che viene richiamata spesso dal Papa. Il mite non è un pavido, anzi è uno forte che usa strumenti apparentemente deboli: la parola e il gesto amorevole. Gesù offre la sua parola, ma non la impone. È importante il modo in cui noi ci poniamo di fronte agli altri, perché il modo è anche contenuto dell’annuncio stesso».
Per Beppe Elia, un altro punto in comune tra i due è il «rapporto tra pace e povertà. La pace nasce dove il cuore è libero, non è legato a ricchezze o alla ricerca del potere. Francesco che si spoglia dei suoi abiti non rappresenta solo una rinuncia alla vita agiata, ma la spogliazione è la misura necessaria per far spazio a Dio, in modo che possa diventare testimone di Lui e della sua pace. Anche il Papa parla spesso della relazione tra pace e povertà, tra fraternità e povertà, ad esempio nel suo messaggio per la Giornata mondiale della pace del 2014, dal titolo “Fraternità, fondamento e via per la pace”. Noi dobbiamo costruire una società più fraterna e, parlando di pace, non possiamo dimenticare la dimensione della giustizia sociale. Su questo il Papa è molto attento. Non è possibile costruire vera pace se non costruiamo una società più giusta. Fin quando noi avremo una realtà a livello mondiale, ma anche a livello delle nostre comunità, dove i ricchi diventano più ricchi e i poveri diventano più poveri, non riusciremo a costruire una società di pace».
«L’annuncio del Vangelo – ha sottolineato l’arcivescovo Angelo Spina – non è solo un fatto dottrinale, ma è un fatto testimoniale. È importante che le persone vivano il comandamento nuovo dell’amore e siano testimoni. Il cammino di san Francesco e del Papa è un cammino della croce che significa non violenza. La croce è il dono della vita e i cristiani sono uomini e donne che donano la vita all’altro, non che la tolgono. Noi dobbiamo ritornare all’amore che è la croce. Proprio san Francesco cambiò la sua vita dopo essere stato raggiunto dallo sguardo del Crocifisso».
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