“A piedi nudi, il cammino di Francesco nelle Marche” (Ed. Palumbi) è il titolo del libro scritto dal Mons. Angelo Spina, arcivescovo metropolita di Ancona-Osimo, in occasione dell’anno francescano, promosso ad 800 anni dalla partenza del santo dal porto di Ancona per l’Oriente. Il libro è stato presentato venerdì 6 dicembre presso il Centro Pastorale “Stella Maris” di Colle Ameno ed è stato introdotto dal giornalista Claudio Sargenti e da Giancarlo Galeazzi, docente di filosofia e direttore dell’Ufficio diocesano per la Cultura. Tra i presenti Padre Giancarlo Corsini (O.F.M. Conv.) che ha scritto la prefazione del testo.
«Il libro aiuta ad individuare alcune indicazioni importanti che provengono da san Francesco e dal francescanesimo. Richiama l’attenzione sulla povertà – ha spiegato Galeazzi – ma bisogna considerarne la duplice accezione: intesa come libertà e, quindi, come non possesso che è da coltivare, e come indigenza che invece è da combattere. Poi c’è un rimando alla fraternità e bisogna distinguere anche qui, quella escludente per cui si è fratelli se si appartiene alla stessa patria o religione, e quella includente, aperta, che include e porta alla solidarietà. Un terzo concetto importante è il dialogo e, anche in questo caso, occorre distinguere tra un dialogo che è chiacchiericcio inconcludente e invece il discorso tra pari che cercano insieme la verità. Credo che prima di pensare a stare insieme, sia necessario proviamo a stare accanto».
Nel libro, Mons. Angelo Spina racconta all’inizio la sua devozione e ammirazione verso san Francesco di Assisi, «punto di riferimento nella mia vita» e «faro di luce in tanti momenti», ma anche come è nata l’ispirazione di promuovere l’anno francescano. Il primo ottobre del 2017 facendo la sua entrata in diocesi gli fu consigliato di farlo su una motovedetta della Capitaneria di Porto. Dopo essere stato a Loreto ed essersi affidato alla Madonna, raggiunse Numana e dopo aver circumnavigato il Conero giunse al porto di Ancona. L’arcivescovo accolse la proposta di fare l’ingresso via mare per diversi motivi: la memoria di Santo Stefano, un sasso che aveva colpito il primo martire cristiano lapidato a Gerusalemme era giunto via mare, come le spoglie di san Ciriaco e il quadro della Regina di tutti i santi, ma ciò che più lo sorprese fu apprendere che «san Francesco il 24 giugno del 1219 era partito dal porto di Ancona per recarsi, come pellegrino di pace, in Terra Santa».
Proseguendo la lettura, dopo la riflessione su due incontri che cambiarono la vita al santo, quello con il lebbroso e con il Crocifisso nella chiesa di san Damiano, l’autore narra l’ingresso nelle Marche, terra visitata da Francesco più volte. Scrive l’autore: «Dove Francesco passava fondava un convento…luogo dove si vive stando insieme, non rimanendo chiusi, ma in uscita per andare ad annunciare il Vangelo». Francesco fu «un giovane in uscita» e nelle Marche passò a Fabriano, a Valleremita dove vi era un antico cenobio benedettino, a Staffolo dove scaturì una fonte prodigiosa, ad Ancona dove vide forse per la prima volta il mare. E ancora a San Severino Marche dove il santo incontrò Pacifico che per lui musicò il Cantico di Frate sole, a Roccabruna di Sarnano, luogo dove successivamente vennero scritti “I fioretti”, ad Ascoli Piceno, città che conserva l’affresco raffigurante “La predica agli uccelli”, ma il santo è stato anche a San Leo, Osimo, Sirolo e in tanti altri luoghi. E il 24 giugno 1219, 800 anni fa, partì dal porto di Ancona per l’Oriente.
Così l’autore descrive la partenza e l’incontro: «La sua convinzione era che non sarebbe mai stata la spada ad aprire la strada, ma sarebbero state le mani nude, disarmate e tese in segno di pace. Quando si imbarcò, egli tagliò nel mare la linea della nostra rotta terrestre e celeste, con parole oggi significative: incontro, dialogo, pace. Francesco andò come pellegrino di pace a vivere l’incontro con il Sultano, così diverso per cultura e religione. Non ebbe paura per aprire il dialogo. Il dialogo non è un “duello” per soggiogare l’altro, in cui due si scontrano e vince il più forte. Il dialogo è un “duetto”, in cui due persone sono protagoniste, come nel canto, fatto con due voci diverse, ma che ne accentuano la bellezza e l’armonia. Il dialogo non è rinunciare alla propria identità, ma farla rimanere integra rispettando chi la pensa diversamente, aperti ad una dimensione più grande. Il cammino di Francesco ebbe un chiaro obiettivo, ovvero non di imporre ma di proporre, non di convincere ma di attrarre verso un bene prezioso per tutti: la pace. La celebrazione degli 800 anni da quando Francesco è partito dal porto di Ancona può aiutarci a capire il nostro tempo su alcuni temi: vincere la paura, vivere l’incontro, aprirsi al dialogo con l’altro che è diverso, educare alla pace e costruire la civiltà della pace, riscoprire e promuovere l’ecologia ambientale e l’ecologia umana, aiutare l’uomo ad aprirsi all’infinito per un nuovo umanesimo». Ecco che «Ancona e le Marche, in questo anno 2019, possono riscoprire come essere via di pace…La città di Ancona non solo ha il vanto di essere la porta di Oriente per le sue origini greche, ma anche la via della pace avendo visto partire e tornare Francesco, pellegrino di pace».
Tanti i temi sviluppati nel testo, tra cui quello di una Chiesa povera per i poveri, e l’importanza della musica che rallegra il cuore, ma l’autore ha anche descritto i frutti nelle Marche dopo il passaggio del santo. Come la comunità “Il Focolare”, che accoglie i malati di Aids e Hiv, dove «si fa esperienza di cosa significa oggi accogliere e prendersi cura di coloro che la società mette ai margini e scarta», ma anche la Mensa di padre Guido, frequentata da oltre settanta persone al giorno, nelle ore dei pasti. Nel libro, l’autore cita anche alcuni testi del magistero di papa Francesco, in particolare la Laudato si’ e l’Evangelii gaudium, come la continuazione e l’attuazione della fede, della preghiera, dell’amore per la natura e per la povertà che praticava san Francesco. «I piedi nudi di Francesco che hanno camminato su questa terra – si legge nel libro – e che si sono bagnati nelle acque del mare, imbarcandosi da Ancona per andare in Oriente, sono segni di povertà, umiltà e semplicità evangelica che sempre conquistano i cuori. La benedizione che Francesco diede a frate Leone, ora la continua a dare a noi, uomini e donne del terzo millennio: “Il Signore ti benedica e ti protegga, mostri a te il suo volto e abbia misericordia di te. Rivolga verso di te il suo sguardo e ti dia pace”. I tanti luoghi e i sentieri francescani nelle Marche sono un invito a camminare fisicamente e spiritualmente, portando con sé strumenti di pace, e dando a tutti il saluto francescano “Pace e Bene”».
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