Si è tenuto nella cattedrale di San Ciriaco il primo ritiro del Clero diocesano dopo il lockdown, nella ricorrenza della Giornata sacerdotale. L’incontro, con i numerosi sacerdoti muniti di mascherina, è iniziato con l’adorazione eucaristica, la celebrazione dell’ora media e la benedizione. E’ seguita la meditazione dell’Arcivescovo, che viene riportata in seguito integralmente. Il primo saluto è stato rivolto ai presenti e ai sacerdoti anziani e ammalati, con un pensiero commosso a don Silvano che è tornato di recente alla casa del Padre. L’Arcivescovo ha informato che ha riunito ben due volte il Collegio dei Consultori per provvedere alla sostituzione di alcuni parroci dimissionari per motivi di salute e per età. Ha convocato diversi sacerdoti per il 25 giugno alle ore 9.30 nella chiesa degli Scalzi in Ancona per esporre l’attuazione dei cambiamenti in atto. Ha riferito quanto emerso dalla riunione del Consiglio Presbiterali circa il Centro Pastorale ex casa Saveriani e lo stabile del Coreco. Ha presentato la situazione del Fondo di Solidarietà Interparrocchiale, ringraziando quanti stanno partecipando per aiutare parrocchie in difficoltà. Ha esposto la situazione del contributo straordinario della CEI per il Covid-19, i criteri seguiti per la ripartizione tra parrocchie, famiglie, caritas, ecc., e i tempi in cui verranno erogati i contributi. Ha comunicato che in diocesi è stato istituito lo Sportello per abusi sessuali su minori e persone vulnerabili, che è stato nominato il referente regionale, quello diocesano e costituita l’equipe dei formatori. Ha parlato della legge ragionale sugli oratori e invitato i parroci a fare le segnalazioni dove ci sono oratori in attività. Ha rimarcato il rispetto delle regole in tempo di Covid-19 per gli incontri con i fanciulli e i ragazzi. Si può riprendere la catechesi con le diverse fasce di età pur rispettando i numeri, le distanze, ecc.. Per le prime comunioni e le cresime ha invitato i parroci a dialogare con i ragazzi, con le famiglie e dove si trova un accordo è possibile fare le celebrazioni rispettando scrupolosamente le regole. Si è parlato anche come fare per le processioni. Ha detto che per il prossimo Avvento entra in vigore il nuovo Messale, ogni parrocchia riceverà il Messale come omaggio per la visita pastorale che l’Arcivescovo farà nei prossimi anni. Il giovane seminarista Lorenzo Rossini ha comunicato a tutti che, nel prossimo mese di novembre, verrà ordinato diacono. L’Arcivescovo ha invitato i sacerdoti che vorranno fare un cammino di formazione, per ricevere successivamente il mandato di esorcisti, a dare la disponibilità. Viene confermato il pellegrinaggio delle Marche ad Assisi il 3 e 4 ottobre per offrire l’olio per la lampada di S. Francesco. Quando si avranno elementi più chiari sul da farsi ne verrà data comunicazione. Don Sergio Marinelli ha illustrato l’impegno di missione tenuto per lunghissimi anni in Argentina insieme a don Duilio. Nella ricorrenza di un solenne anniversario si vorrebbe fare un opera nella chiesa parrocchiale, ha invitato i sacerdoti, chi vuole a contribuire. L’economo ha invitato i parroci a presentare il resoconto parrocchiale e ha illustrato altri temi riguardanti l’economia. Il Vicario generale don Carlo Carbonetti ha illustrato come vanno frequentati i locali della Curia a seguito delle normative Covid-19. Ha poi ringraziato i sacerdoti per la fatica nel dover applicare le norme nelle chiese, nei luoghi frequentati dalla comunità parrocchiale, ecc.. L’incontro è terminato con la recita dell’Angelus.
Di seguito viene riportata la meditazione dell’Arcivescovo:
“Nella festa del Sacratissimo Cuore di Gesù, siamo qui a vivere insieme questa giornata sacerdotale. Nel Vangelo di oggi Gesù dice: <<Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore>>. Questo brano è l’unico nel vangelo in cui Gesù stesso fa riferimento al suo cuore quale immagine riassuntiva della sua persona. Gesù ha un cuore capace di lodare, cioè di riconoscere il bene e apprezzarlo e lo fa nei confronti del Padre suo. Lo sguardo di Cristo si posa su tutti i figli del Padre che è nei cieli, e ripete: “Venite a me, voi tutti…”. Gesù promette di dare a tutti “ristoro”, ma pone una condizione: “Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore”. Che cos’è questo “giogo”, che invece di pesare alleggerisce, e invece di schiacciare solleva? Il “giogo” di Cristo è a la legge dell’amore, è il suo comandamento, che ha lasciato ai suoi discepoli (cfr Gv 13,34; 15,12).
Per la mia e vostra riflessione vorrei riprendere le parole di Giovanni dal capitolo 14, 15,16 i così detti discorsi di addio.
¹«Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. ²Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: Vado a prepararvi un posto? ³Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. E del luogo dove io vado, voi conoscete la via».
Se mi amate, osserverete i miei comandamenti. Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi mi ama. Chi mi ama sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui».
Queste cose vi ho detto quando ero ancora tra voi. Ma il Consolatore, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, egli v’insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto. Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. (Gv 14,1-4.15.21.25-27)
Quando verrà il Consolatore che io vi manderò dal Padre, lo Spirito di verità che procede dal Padre, egli mi renderà testimonianza; e anche voi mi renderete testimonianza, perché siete stati con me fin dal principio. (Gv 15,26-27).
Vi ho detto queste cose perché non abbiate a scandalizzarvi. Vi scacceranno dalle sinagoghe; anzi, verrà l’ora in cui chiunque vi ucciderà crederà di rendere culto a Dio. E faranno ciò, perché non hanno conosciuto né il Padre né me. Ma io vi ho detto queste cose perché, quando giungerà la loro ora, ricordiate che ve ne ho parlato. Non ve le ho dette dal principio, perché ero con voi.
Ora però vado da colui che mi ha mandato e nessuno di voi mi domanda: Dove vai? Anzi, perché vi ho detto queste cose, la tristezza ha riempito il vostro cuore. Ora io vi dico la verità: è bene per voi che io me ne vada, perché, se non me ne vado, non verrà a voi il Consolatore; ma quando me ne sarò andato, ve lo manderò.
Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando però verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera, perché non parlerà da sé, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annunzierà le cose future. (Gv 16,1-7.12-13)
Queste parole non appartengono al passato, né sono per altri, ma sono per noi, oggi qui. E dunque le ascoltiamo così e ascoltiamo l’eco che hanno dentro di noi.
Turbamento.
Gesù dice:<<Non sia turbato il vostro cuore>>. Gesù parla di turbamento. Gesù, conosce il turbamento (quello provato davanti alla morte dell’amico Lazzaro, quello provato davanti allo spettacolo della sua città, Gerusalemme, chiusa al mistero di Dio…). Sa che anche per i discepoli è giunto il tempo in cui il loro cuore sarà preso dallo spavento e dalla paura. La vera angoscia, per i discepoli, è la paura di restare soli, senza la presenza del Signore, di trovarsi da soli ad affrontare la vita, dopo che hanno sperimentato che cosa significa affrontarla con Lui. Gesù si preoccupa della paura che invade il cuore dei suoi discepoli, e se ne prende cura.
Il turbamento di cui parla Gesù riflette anche alcuni nostri stati d’animo soprattutto in certi momenti in cui ci sembra di sperimentare la sproporzione tra gli sforzi che facciamo e i risultati che otteniamo. Non ci sentiamo turbati di fronte alle tante debolezze della Chiesa e di uomini e donne di Chiesa?
Nella sua biografia “Ho scommesso sulla libertà” il cardinale Angelo Scola scrive: «Papa Francesco mira a scuotere le coscienze mettendo in discussione abitudini e comportamenti consolidati anche nella Chiesa, ogni volta alzando, per così dire, l’asticella da superare. Il che può generare qualche smarrimento e anche turbamento. Ma gli attacchi sempre più duri e insolenti contro la sua persona, soprattutto quelli che nascono all’interno della Chiesa, sono sbagliati. Fin da bambino ho imparato che “il Papa è il Papa” cui il credente cattolico deve affetto, rispetto e obbedienza in quanto segno visibile e garanzia sicura dell’unità della Chiesa nella sequela di Cristo». «La comunione con il successore di Pietro non è questione di affinità culturale, di simpatia umana o di un feeling sentimentale, ma riguarda la natura stessa della Chiesa». Come non si resta sconcertati e turbati di fronte ad attacchi “insolenti” contro il pontefice da parte di uomini e donne dento la Chiesa, sia essi cardinali, vescovi, sacerdoti, religiose, religiose.
Anche il nostro rapporto con il mondo è causa di turbamento: il mondo sembra correre velocemente e ci sembra indecifrabile.
Di fronte alla complessità vi sono almeno due reazioni possibili: quella di chi ripropone con nuova forza il passato, contribuendo a porre la Chiesa fuori tempo, e quella di chi, nel naturale disorientamento, si chiede come sia possibile stare positivamente in questa situazione, e prova a immaginare strategie. Una di esse è il ritorno allo spirito della Chiesa antica, spirito di testimonianza e di parresia, spirito comunitario originale e convinto, capace di valorizzare le differenze, ad assumere decisioni in uno stile di condivisione. È anche sulla spinta delle difficoltà del momento che è maturato un nuovo interesse per la sinodalità che, dal punto di vista ecclesiale, può essere interpretata come la prassi attuativa della visione di Chiesa del Concilio, come comunione e come popolo di Dio.
Quando penso alla Chiesa di oggi, mi viene alla mente l’immagine di una famiglia, una grande famiglia che si trova, ad un certo punto della sua vita, ad attraversare un momento difficile. È la situazione in cui possono esplodere conflittualità laceranti, che possono mandare in frantumi la famiglia, dilaniare le sue relazioni, spezzare i legami che l’hanno tenuta insieme; oppure può essere il momento in cui i legami si fanno più stretti, le responsabilità si risvegliano, si inventano strategie perché ognuno ci metta del suo e insieme si affronti quel momento difficile. Si capisce che è il tempo per superare diffidenze, gelosie, indifferenza, e di ravvivare le forze buone che forse fino a quel momento sono rimaste sepolte e implicite.
I più giovani sembrano manifestare apertamente il loro disorientamento: “Le mille attrazioni, le centinaia di incontri da cui siamo quotidianamente bombardati ci destabilizzano, ci disorientano…”dice una giovane
(ricerca dell’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo e confluite nella pubblicazione di Bichi R. e Bignardi P., Dio a modo mio 2015. Giovani e fede in Italia, Vita e Pensiero, Milano). E una ragazza: “Tutti i giovani si pongono domande sull’esistenza; ma queste sono domande difficili, che una volta i giovani potevano affrontare avendo accanto a sé genitori, insegnanti ed educatori che li sostenevano nella loro ricerca. Non si può guardare dentro un abisso senza qualcuno che non ti faccia precipitare. I giovani di oggi sono più soli, questo è l’unico dato che si dovrebbe analizzare.”
- Come annunciare il Vangelo a questi giovani disorientati? Vorrebbero accanto a sé figure adulte capaci di accompagnarli, ma anche gli adulti sono sopraffatti dalla fatica di vivere.
- Come annunciare il Vangelo della famiglia in una società che non sa più che cosa sia la famiglia, spaesata di fronte a troppe e diverse idee di essa?
- Come annunciare la pace ad una società che sembra tenuta insieme da una paradossale energia distruttrice con le forti tensioni e violente e le guerre in atto. Pensiamo all’Italia. Nella costituzione è scritto: “L’Italia ripudia la guerra” e poi, cosa di questi giorni, fa affaroni vendendo le armi anche al vicino Egitto.
- Come parlare di solidarietà in una società che si sente interpretata da politici che lasciano decine di migranti in mare per settimane, perché pensano che decidere se e a chi tocca salvarli sia più importante che salvarli?
- Come annunciare la gioia della vita cristiana alle nuove generazioni, alle quali abbiamo dato i sacramenti senza essere riusciti a far loro intravedere la bellezza della relazione con un Dio che è Amore e Tenerezza e senza essere riusciti a far loro capire che la Chiesa non è un’istituzione che li schiaccia ma una comunità che li accoglie?
- E ancora: quale futuro per le comunità cristiane, quasi totalmente abbandonate dai giovani, incapaci di parlare alla maggioranza di loro? Soprattutto incapaci di assumere cordialmente la vita delle persone di oggi, senza giudizi e senza diffidenze, per cercare insieme con loro la strada della dignità, della pienezza, della responsabilità?
Queste sono alcune delle domande che attraversano la vita delle comunità cristiane e la coscienza di molti cristiani pensosi che non hanno rinunciato a pensare che il futuro è davanti e non alle loro spalle e che, se oggi non capiscono questo mondo, non è perché Dio lo ha abbandonato ma perché loro non sanno mettersi gli occhiali giusti per vedere i germogli di vita che timidamente si annunciano, e non riescono a vedere dove lo Spirito oggi è all’opera.
Sono questi cristiani –laici e preti- e queste comunità che sentono il bisogno di affrontare insieme il turbamento, di camminare insieme, perché non hanno rinunciato alla missione.
In questo contesto, spesso sentiamo che il turbamento – smarrimento si trasforma in tristezza, sguardo cupo e amaro sulla vita e come ai discepoli nel Getsemani accade di addormentarci. Il sonno dei discepoli nel Getsemani non è sonno di stanchezza, è sonno di tristezza. Perché nel momento in cui ci svegliamo dal sonno abbiamo l’impressione di essere soli. Il Signore che crediamo che, in forme diverse, ci abbia chiamato a servizio del suo Vangelo, della sua Chiesa, sembra averci abbandonato; averci lasciti soli con i nostri impegni, in un silenzio che sembra fare da rimbombo alla nostra desolazione. E allora ci viene da invocare, in una preghiera paradossale, il Dio che ci ha lasciati soli: “Dio mio, Dio mio…”.
Promessa.
Nel brano del vangelo ascoltato segue alla tristezza una promessa di cui si vanno precisando i contorni: la promessa di un posto nella casa del Padre, ma nel frattempo la promessa che Gesù fa di un altro se stesso: – lo Spirito- che non starà più accanto a loro, ma dentro di loro. Presenza misteriosa, che Gesù vorrebbe che i suoi si abituassero ad attendere. E la promessa si precisa come una prospettiva di pace, di gioia, anch’esse all’insegna dell’originalità, della diversità. La pace che Gesù dona non consiste nell’assenza della Croce, ma nella certezza della sua vittoria. La pace è dono dello Spirito, segno della presenza dello Spirito in noi. La pace donata da Gesù passa attraverso la forza di un amore più forte della morte. E in loro il senso di smarrimento e di mistero si fa sempre più forte.
Crediamo che il Signore ci ha inviato lo Spirito che continua ad essere presente nella storia, ma noi vorremmo udirlo con parole comprendibili, simili alle nostre. Invece la sua pace ha un significato diverso dalla pace che noi vorremmo -tranquillità, quieto vivere…-; la sua guida avviene dentro i sentieri tortuosi e intricati della storia umana. Nel vociare del mondo, la sua voce simile a un soffio e a un sottile silenzio, risulta impercettibile. Le parole e gli eventi con cui lo Spirito ci accompagna sono misteriosi e ci costringono a rendere più sensibili le antenne dello Spirito; ad avere uno sguardo penetrante…..
Scrutare i segni dei tempi… Segni dei tempi li chiamò Giovanni XXIII questi segnali che ci fanno intuire il percorso lungo il quale lo Spirito sta conducendo la sua Chiesa, il mondo, tutti noi.
Lo Spirito, che ci fa dono della sua pace e che parla in maniera sommessa dentro di noi, ama i nostri sogni, incoraggia la nostra disponibilità a rischiare: non ci chiede di risolvere i problemi del mondo né della Chiesa, ma di far intravedere una luce possibile.
Nel Vangelo di Giovanni abbiamo ascoltato anche queste parole: “Vi scacceranno dalle sinagoghe; anzi, verrà l’ora in cui chiunque vi ucciderà crederà di rendere culto a Dio”.
La persecuzione
E’ il conflitto, la persecuzione… ci vengono in mente i tanti luoghi del mondo in cui i cristiani sono perseguitati.
I discepoli saranno esposti all’ostilità del mondo e alla violenza del suo potere, ma anche dentro di loro “saranno esposti al dubbio, allo scandalo, allo scoraggiamento. Papa Francesco nella udienza dell’11 dicembre 2019 diceva: «Oggi nel mondo, in Europa sono tanti i cristiani perseguitati e danno la vita per la loro fede. Sono perseguitati anche con i guanti bianchi, lasciati da parte, emarginati».
Ma come essere tranquilli davanti alla prospettiva della persecuzione?
Sarà lo Spirito Santo dentro i discepoli e li aiuterà, e spiegherà loro la fortuna di essere discepoli.”
Che cosa deve fare il discepolo davanti alla prospettiva dell’allontanarsi del Maestro? Della solitudine?
Avere fede
“Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me”, dice Gesù ai suoi, per aiutarli a non abbandonarsi al turbamento. Avere fede in Dio e credere che pur nelle nostre contraddizioni Lui è presente nella storia umana ed è all’opera.
Avere fede è un processo che si svolge nella coscienza, in quel sacrario dove ciascuno di noi si incontra nelle verità solo con Dio, e decide se fidarsi di Lui oppure restare prigioniero delle proprie paure; se abbandonarsi alla sua azione credendo nel suo amore o fidarsi di più delle proprie strategie adottate in nome suo.
Avere fede in Lui allora forse vuol dire fare un po’ meno cose, come comunità, e vivere di più il Vangelo, che non passa in primo luogo attraverso le iniziative, le attività, ecc. ma passa attraverso le relazioni con le persone, la costruzione di legami fraterni… Non per nulla l’unico comandamento che il Signore ripete ai suoi prima di andarsene è quello dell’amore. È il riconoscimento del primato della persona; il Vangelo è per le persone ed è solo accogliendone le esigenze e interpretandole con loro alla luce del Vangelo che lo si incontra oggi, nel nostro tempo. Gesù non indica altra strada ai suoi per combattere la paura, se non quella della fede: fargli credito, fidarsi del suo amore, volersi bene da fratelli. In questo tempo in cui l’umano sembra dissolversi nella volgarità, nella prepotenza che umilia i più deboli, nella perdita di spessore dei valori umani che tengono insieme la nostra società.
Gesù dice loro una cosa paradossale: proprio nel momento in cui si sentono abbandonati da Lui, devono avere fede in Lui. Sembra paradossale pensare che la fede in Lui, nel momento in cui ci sembra che Lui non ci sia più, possa liberarci dalla morte e dall’angoscia che genera in noi. Eppure forse questa è la vera fede: avere fiducia in Lui nel momento in cui Lui sembra sparire dalla nostra vita. Avere fede è credere che la sua è un’assenza apparente e che in effetti Lui continua ad essere presente in modi misteriosi, impercettibili ma non per questo non veri; è attendere che torni a far sentire la sua voce, a far ardere il cuore, a darci la certezza del suo amore; è restare in una fedeltà che è come quella delle donne, che continuano a vivere di Lui anche dopo la sua morte, perché Lui vive in loro e la memoria di ciò che hanno vissuto con Lui è reale dentro di loro come quando Lui era accanto a loro. Solo con la fede il cuore dell’uomo può difendersi dalla paura; per vincerla, occorre distogliere lo sguardo da sé stessi e fissarlo in Dio, credendo in Lui, nella sua Parola e nella sua Promessa, e affidandosi al suo cuore. Devono avere fede in Dio e in Gesù; osservare i comandamenti, cioè amare; rendere testimonianza.
Oggi viviamo una delle Pasque della Chiesa, e noi in essa. La Chiesa sta compiendo il suo passaggio da una fase della sua storia ad un’altra.
Siamo letteralmente immersi nel cuore del mistero.
Siamo dentro questa storia; non siamo i primi cristiani a conoscere sofferenza, incomprensioni, ostilità. Lo Spirito che il Signore ci ha promesso ci darà la forza e ci guiderà in questo cammino rischioso.
Gesù ripete a te e a me, ancora una volta e con dolcezza le sue parole: <<Venite a me voi tutti che siete affaticati ed oppressi e io vi ristorerò>>. <<Imparate da me che sono mite e umile di cuore>>”.
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