Celebrato ad Ancona il centesimo anniversario della nascita di San Giovanni Paolo II

E’ stato un crescendo susseguirsi di eventi la celebrazione del centesimo anniversario di San Giovanni Paolo II nei giorni sabato 18 e domenica 19 luglio ad Ancona, grazie all’impegno della Associazione culturale Ankon, al suo presidente Daniele Ballanti, in collaborazione con l’Arcidiocesi di Ancona-Osimo e con il Comune di Ancona. Alle ore 12 di sabato si è tenuta una cerimonia commemorativa al porto dove il Papa arrivò in elicottero da Loreto e si trattenne un paio di ore, parlando ai numerosi fedeli convenuti. Alla presenza di tante autorità hanno tenuto brevi interventi l’Ammiraglio Enrico Moretti Comandante del Porto di Ancona – Direzione Marittima delle Marche, il Dott. Rodolfo Giampieri Presidente ADSP Mare Adriatico Centrale, il sindaco Valeria Mancinelli, il dottor Marcello Bedeschi che ha raccontato alcuni aneddoti della storica visita del 1979. L’Arcivescovo Angelo Spina ha invitato i presenti a un momento di preghiera e dato la benedizione. Alle 18.30 Tante persone si sono ritrovate davanti alla statua in bronzo di Giovanni Paolo II vicino alla cattedrale, dove l’assessore alla cultura Paolo Marasca ha scoperto il cartello toponomastico: “Largo San Giovanni Paolo II”.

E’ seguito il convegno in cattedrale moderato dal Dott. Marino Cesaroni che ha invitato diverse autorità a dare un breve saluto. Il primo intervento: “Il senso di un centenario” è stato tenuto dall’arcivescovo Angelo Spina. Il secondo dal Prof. Giancarlo Galeazzi: “Giovanni Paolo II: tra noi”. Il terzo intervento: “Giovanni Paolo II e le Giornate Mondiali della Gioventù” da S.E. Mons. Renato Boccardo Arcivescovo di Spoleto-Norcia, già Responsabile Sezione Giovani del Pontificio Consiglio per i Laici. Il quarto dal Dott. Marcello Bedeschi: “Ricordando Giovanni Paolo II: sul filo della memoria” e l’ultimo i “Giovanni Paolo II, i giovani e la caritatevole eredità” dal Dott. Luca Saracini. Domenica 19 alle ore 10 l’Arcivescovo Angelo Spina ha presieduto la celebrazione eucaristica nella chiesa di S. Maria della Piazza, dopo la benedizione ha inaugurato l’interessante mostra fotografica su San Giovanni Paolo II che resterà aperta fino al due di agosto e può essere visitata ogni giorno dalle ore 10-12; 16.00-18.00. Ancona così ha ricordato San Giovanni Paolo II che per ben due volte ha fatto visita alla città.

 

Di seguito viene riportato l’intervento dell’arcivescovo Angelo Spina:

“Il senso di un centenario – in ricordo di Giovanni Paolo II”

“Nacque al mondo un sole”. Con queste parole, nell’XI canto del Paradiso, Dante presenta la figura di San Francesco, nato ad Assisi.

Nel centenario della nascita di Karol Woytila possiamo dire che  “Venne al mondo un uomo, un uomo venuto da molto lontano”, un “lontano” non in senso solo geografico ma collocato nell’eternità del pensiero di Dio e posto in un frammento di storia tanto lungo e tormentato come è stato il novecento e gli inizi del terzo millennio con le ideologie del nazifascismo, del comunismo, delle guerre, degli attentati, del terrorismo. Anni che hanno forgiato la già provata vita personale di quel bambino nato a Wadovice il 18 maggio 1920 a cui venne dato il nome di Karol.  La vocazione alla vita di ciascuno di noi è sempre misteriosa, nessuno di noi può scoprire fino in fondo il motivo per cui è nato, per cui porta addosso quella storia specifica, per cui è ciò che è, con il nome proprio delle sue ferite, dei propri talenti, delle proprie potenzialità. Ognuno di noi è scelto e amato, ed è questa la base vocazionale della vita di ciascuno, ciò che fa di un uomo un capolavoro, cioè un santo. Karol Woityla ha avuto una storia difficile, fatta di momenti di grande sofferenza, di perdite significative, eppure, su quella storia difficile e dolorosa, Dio stava scrivendo un’altra storia che, con il tempo, sarebbe emersa con evidenza non soltanto davanti agli occhi del giovane ragazzo polacco, ma davanti agli occhi di tutti gli uomini del mondo; avrebbe fatto di chi aveva perduto la madre quando aveva nove anni,   il fratello medico quando aveva dodici anni appena adolescente e il padre appena ventenne, l’uomo che quasi per trent’anni sarebbe diventato egli stesso il padre di una moltitudine di uomini e di donne sparse per il mondo. Venne eletto papa la sera del 16 ottobre 1978 in una Piazza San Pietro stracolma di gente e di fedeli trepidanti. E’ stata, quella sera, un momento epocale di grande cambiamento storico, un cambiamento espresso non nell’immagine meramente apparente, ma nella sostanza e nei contenuti che più tardi si sarebbero rivelati. Ancora risuonano con commozione le parole di quando si affacciò dalla loggia delle benedizioni in San Pietro: “Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo! Alla sua salvatrice potestà aprite i confini degli stati, i sistemi economici come quelli politici, i vasti campi di cultura, di civiltà, di sviluppo. Non abbiate paura! Cristo sa cosa è dentro l’uomo. Solo lui lo sa!”.  “Gli Eminentissimi Cardinali hanno chiamato un nuovo vescovo di Roma. Lo hanno chiamato da un paese lontano… lontano, ma sempre così vicino per la comunione nella fede e nella tradizione cristiana”. “Ho avuto paura nel ricevere questa nomina, ma l’ho fatto nello spirito dell’ubbidienza verso Nostro Signore Gesù Cristo e nella fiducia totale verso la sua Madre, la Madonna Santissima. Non so se posso bene spiegarmi nella vostra… nostra lingua italiana. Se mi sbaglio mi corrigerete”. Iniziava così a cinquantasette anni il suo pontificato, che diventerà poi uno dei più lunghi della storia della Chiesa, di ben ventisette anni.

Al centro del suo pontificato ha messo “l’uomo”. Nella sua biografia scrive: “La mia concezione della persona, unica nella sua identità, e dell’uomo, come tale al centro dell’universo, è nata dall’esperienza e dalla compartecipazione con gli altri, molto più che dalla lettura. I libri, lo studio, la riflessione, la discussione mi aiutano a formulare ciò che l’esperienza mi insegna”.

Nel grande giubileo del 2000 alla giornata mondiale della gioventù il Papa diceva a tutti i giovani convenuti numerosissimi: “Ma cosa siete venuti a cercare? Cosa siete venuti a cercare?” – per tre volte. E qualche giovane incominciava a dire: “Giovanni Paolo!” E lui: “No! Gesù Cristo, Gesù Cristo!” La risposta non può essere che una sola: siete venuti a cercare Gesù Cristo! Gesù Cristo che però, per primo, viene a cercare voi.

Ci chiediamo perché è stato abbattuto il muro di Berlino, perché questo uomo è stato così accolto ed è diventato, anche nella vecchiaia, l’espressione ultima a cui tutti si rivolgevano per avere una parola carica di senso? Il perché,  lo troviamo nel suo illuminato magistero e nella  sua prima enciclica  Redemptor hominis (Il Redentore dell’uomo), del 4 marzo 1979 a meno di cinque mesi dall’inizio del suo potificato, dove il papa scrive che Cristo si è rivolto ad ogni uomo, senza esclusione alcuna, a tutto l’uomo, senza escludere nessuno . Sembra proprio quasi che il suo tentativo sia proprio quello di dire che Cristo va incontro a tutti e a tutto l’uomo. Non solo non esclude nessuno, ma tutto ciò che è l’umanità, all’interno del mistero di Gesù Cristo. Che rimane un mistero, come rimane un mistero la vita dell’uomo, ma sono due misteri che si incontrano. Io sono convinto che su quella base lui ha sviluppato tutta la sua antropologia. Cioè l’antropologia di Wojtyla è essenzialmente un’antropologia carica della cristologia e riletta alla luce della cristologia. Alla luce di Cristo, lui rilegge l’uomo. Per capire veramente questo uomo, bisogna metterlo sotto i riflettori di Gesù Cristo. Allora si capisce perché questo Gesù Cristo che è venuto a portare la libertà, deve rendere l’uomo sempre più libero, e si capisce perché Giovanni Paolo II insisteva  su questo.

Vorrei, ora,  toccare un’altra dimensione, a partire  dall’enciclica, Fides et ratio. In un periodo in cui veniva teorizzata la debolezza della ragione,  è lui, il papa Giovanni Paolo II, che si fa portavoce della forza della ragione dell’uomo. Perché l’uomo – è scritto nell’enciclica – l’uomo è per sua stessa natura in cerca, in ricerca della verità, e non può vivere senza la verità. E, dovendo ricercare continuamente la verità, non può mai essere contento o soddisfarsi di verità parziali e non può mai essere ricurvo su se stesso. La ragione non può, non deve, essere ricurva su se stessa, ma deve essere capace di puntare in alto. Voi immaginate – con tutto il contesto che abbiamo vissuto, per lo meno nell’ultimo secolo, per cui questa Chiesa che veniva accusata di oscurantismo: “Questa Chiesa che non vuole il progresso, questa Chiesa che ha condannato Galileo”, quante ne hanno dette nei confronti di questa Chiesa! – che oggi ritroviamo che questa Chiesa, con Giovanni Paolo II, difende la forza della ragione, davanti a dei filosofi che ne teorizzano la debolezza. Paradossale, però reale!

L’uomo ha una forza talmente grande dentro di sé per cui la sua ragione, interrogando, deve necessariamente puntare su quella che è la verità ultima. Nessuno si può accontentare di qualche cosa di meno. “Perché le ipotesi – scrive il Papa – le ipotesi possono affascinare, ma non soddisfano. Viene per tutti, piaccia o no, il momento in cui si deve radicare la propria vita, su una verità fondamentale. Allora vedete, questa ricerca dell’uomo, della verità. E su questa ricerca che la Chiesa fa nei confronti di ogni uomo, questa non può essere fermata da nessuno.

L’otto settembre 1979, dopo il pellegrinaggio a Loreto, Giovanni Paolo II si recava a vivere l’incontro con i fedeli presso il porto di Ancona rivolgendosi a loro diceva: “Trovandomi nell’area del porto, io penso – come anche voi certamente pensate – al lavoro umano che in esso quotidianamente si svolge. Dire porto vuol dire traffico e movimento, ma anche travaglio, sacrificio e sudore per tanti di voi, fratelli, che adesso mi state ascoltando. Anche a voi, lavoratori portuali, in ragione del vostro impegno così umile e utile, come ai vostri colleghi di altre regioni e a tutti i lavoratori del mare, rivolgo ora la mia parola, che vuole essere una parola di considerazione e di rispetto per le vostre persone e per la molteplicità delle vostre prestazioni. Anche a voi la Chiesa addita Cristo Signore, il quale alla sua opera redentiva associò elettivamente un gruppo di poveri pescatori di Galilea. Fratelli che conoscete la fatica spesso ingrata e l’insicurezza del domani, a mio mezzo la Chiesa vi esorta alla speranza e alla fiducia: sappiate guardare in alto; sappiate riconoscere Cristo redentore, cioè liberatore dell’uomo; sappiate accogliere il Vangelo di salvezza e di pace…- concludendo diceva – di inviare da qui al di là del mare il mio augurale e memore saluto ai popoli del più vicino Oriente. Ai figli della Chiesa, come fratelli separati che vivono là, io desidero additare “in visceribus Iesu Christi” (nelle viscere di Cristo).

Il 30 Maggio durante la visita pastorale ad Ancona nell’omelia allo stadio del Conero diceva: “Carissimi fedeli dell’Arcidiocesi di Ancona-Osimo, vi abbraccio spiritualmente e vi ringrazio per la squisita accoglienza che mi avete riservato, all’insegna della sensibilità e del calore tipici della tradizione marchigiana…questa chiesa sappia con la sua perseverante testimonianza rendere presente l’amore di Dio per ogni essere umano, specialmente per i sofferenti e i bisognosi”.

La statua di San Giovanni Paolo II, voluta dal nostra cardinale Edoardo Menichelli, collocata nel piazzale che da oggi porta il nome del papa santo, è testimonianza di un legame tra questa città, questa arcidiocesi con un uomo venuto da molto lontano, ma che sentiamo vicino e che ci appartiene per la sua umanità e la su santità. I santi restano nel tempo come atleti di Dio, come campioni del bene.

Ricordo con commozione quei momenti di ansia e di trepida attesa con la piazza di San Pietro stracolma di gente, la sera della sua elezione a pontefice il 16 ottobre 1978 e poi quella finestra illuminata nel cielo notturno e placido di inizio primavera quando, alle 21,37 del 2 aprile 2005, diede l’ultimo sospiro. Tutto contribuisce, credo ancora oggi, alla memoria e anche ad una maggiore positiva visione verso quei valori autentici che questo grande papa ha voluto enfatizzare e portare in giro per il mondo senza mai fermarsi, senza mai indietreggiare, senza alcun ripensamento.

Papa Woityla appare sempre più “Woityla il Grance” e si comprende il motivo per cui il popolo riunito in Piazza San Pietro il giorno del suo funerale abbia gridato “Santo subito”.

Ritengo, che questo centenario, mentre ci fa guardare con affetto e riconoscenza a San Giovanni paolo Magno, ci invita a far si che la nostra vita debba essere un po’ come il Vangelo che veniva sfogliato vigorosamente dal vento il giorno dei suoi funerali, un continuo annunciare senza fine. Preghiamo e festeggiamo, quindi, questo grande santo pontefice e cerchiamo anche di interpretare molte dinamiche dell’oggi poco chiare che forse la sua biografia di uomo e papa possono aiutarci ad interpretare e, possibilmente, a correggere meglio aprendo e spalancando sempre le porte a Cristo, proprio come lui era solito affermare, con la consapevolezza che la via dell’uomo è la via di Dio.

Fotogallery: