Sarà la Regione Marche a recarsi ad Assisi il 3 e 4 ottobre prossimi per offrire l’olio per la lampada di San Francesco. Sarà un cammino di popolo con le diverse realtà: ecclesiali, civili, istituzionali.
Ogni anno il 4 ottobre, la Basilica di San Francesco in Assisi, diviene il cuore pulsante di tutta la Nazione italiana. Quest’anno sarà il Sindaco del capoluogo delle Marche a rappresentare la Patria e a riaccendere la Lampada votiva che rischiara la cripta, dove riposano le spoglie mortali del Poverello di Dio.
Per un intero anno la Lampada arderà con l’olio offerto dagli abitanti delle Marche, a nome di tutti gli italiani. Dalla nostra arcidiocesi di Ancona-Osimo si sono offerti per donare un buon quantitativo di olio il frantoio Mazzieri, il frantoio Papa Giuseppe di Filottrano e la Comunità “Il Focolare” (Opere caritative francescane) di Ancona.
Nel 1939 Pio XII proclamava San Francesco d’Assisi patrono primario d’Italia. I Comuni della Nazione offrivano al loro celeste Patrono l’artistica Lampada a forma di coppa intorno a cui è inciso il verso dantesco: “Altro non è che di suo lume un raggio” (Par. XXVI,33). Le parole di Dante mettono bene in evidenza il simbolismo che si è voluto dare alla Lampada e alla cerimonia nella sua annuale riaccensione: l’Italia tutta ravvisa nel Poverello il mistico «sole» che, levatosi ad Assisi come da «oriente» (Par. XI, 50-54), spande ovunque sulla terra i suoi raggi di pace e di bene. Al di sopra della lampada, tre colombe d’argento sostengono col becco una corona di ulivo, sovrano e universale simbolo di pace.
Recarci quest’anno ad Assisi, sarà per le Diocesi delle Marche e per la Regione un momento ricco di significato che ci riempie di orgoglio e di responsabilità. L’olio, poi, come elemento caratterizzante della nostra terra, assume un significato altamente simbolico: dall’uso comune, ad alimentatore per le lampade, strumento di luce, ad elemento per ungere, in passato, persone di alta responsabilità.
L’olio nell’antichità veniva usato per consacrare, per ungere i profeti, i sacerdoti e i re. E’ l’olio che ci dà la dignità di figli di Dio con cui siamo stati unti il giorno del battesimo.
E’ con l’olio che si viene unti il giorno della cresima, usato nell’unzione degli infermi, nella consacrazione dei sacerdoti e dei vescovi.
E’ olio che profuma sprigionando l’anelito alla pace che ci rimanda al ramoscello di ulivo portato dalla colomba a Noè ad indicare la fine del diluvio universale.
E’ olio che risana le ferite. La nostra terra delle Marche porta grandi ferite: la crisi economica del 2008, il sisma del 2016 e il Covid-19. Le ferite provocate da divisioni, da illegalità, da sospetti, da accuse, da mancanza di coesione sociale.
E’ l’olio che illumina, simbolo della fatica, della generosità e della laboriosità della nostra gente. L’olio significa anche desiderio di rinascita sociale, politica, evangelica. Il profondo bisogno di rinnovamento che tutti avvertiamo, è una risposta ai problemi personali e della comunità.
L’olio significa anche speranza. C’è un olio che viene chiamato “olio lampante”, di bassa qualità, è il più scadente, eppure serve per essere bruciato e dare luce, segno di speranza.
Offrire l’olio ad Assisi allora è per la nostra regione un alto segno per ringraziare San Francesco per quanto ha fatto per l’Italia con il suo esempio di uomo di Dio, con lo sguardo verso i poveri, verso ogni persona umana, verso le creature, esempio profetico di pace per tutti.
E’ la quinta volta che le Marche si recano ad offrire l’olio per la lampada, sia questo cammino spirituale e fisico momento per guardare al Patrono d’Italia, che più volte è stato con il suo pellegrinare nelle Marche, al suo stile di vita e porti in tutti e in ciascuno la pace e il bene.
+ Angelo, arcivescovo