Presentazione dell’enciclica “Fratelli tutti” con il Cardinale Matteo Maria Zuppi

«L’enciclica Fratelli tutti di papa Francesco è rivolta a tutti, affinché gli uomini siano in grado di reagire con un nuovo sogno di fraternità e di amicizia sociale. L’enciclica ci vuole aiutare a capire che non ci si salva da soli e, di conseguenza, bisogna assolutamente trovare la via della fraternità, altrimenti non c’è futuro». Queste le parole del Cardinale Matteo Maria Zuppi, Arcivescovo di Bologna, a proposito dell’enciclica “Fratelli tutti” sulla fraternità e l’amicizia sociale, durante l’incontro organizzato online domenica 21 marzo dall’Azione Cattolica di Ancona-Osimo.

Dopo i saluti di Giuseppe Rizzi, presidente diocesano dell’AC, e di Mons. Angelo Spina, Arcivescovo di Ancona-Osimo, il Cardinale ha approfondito la terza enciclica del Pontefice, firmata il 3 ottobre 2020, in occasione della sua visita ad Assisi. «Nell’enciclica – ha sottolineato Mons. Angelo Spina – papa Francesco propone la terapia della fraternità ad un mondo malato. Il testo di riferimento è il documento firmato ad Abu Dhabi sulla fratellanza umana, il modello è quello del buon samaritano. Come san Francesco, ciascuno di noi deve riscoprire la capacità e la bellezza di chiamarsi fratello e sorella, perché nessuno si salva da solo. Come ha detto il Papa il 27 marzo in piazza san Pietro: “Siamo tutti sulla stessa barca”».

Il cardinal Zuppi ha spiegato che «i cattolici, per primi, devono essere lievito di fraternità», ma ha anche sottolineato che l’enciclica è «rivolta a tutti». Nel paragrafo sesto, infatti, il Papa scrive: “Le pagine che seguono non pretendono di riassumere la dottrina sull’amore fraterno, ma si soffermano sulla sua dimensione universale, sulla sua apertura a tutti. Consegno questa Enciclica sociale come un umile apporto alla riflessione affinché, di fronte a diversi modi attuali di eliminare o ignorare gli altri, siamo in grado di reagire con un nuovo sogno di fraternità e di amicizia sociale che non si limiti alle parole. Pur avendola scritta a partire dalle mie convinzioni cristiane, che mi animano e mi nutrono, ho cercato di farlo in modo che la riflessione si apra al dialogo con tutte le persone di buona volontà”.

«Per me – ha detto il Cardinale – l’enciclica è un primo abbecedario per provare a rendere concreto quel sogno. Qual è il sogno? Che il mondo diventi una grande famiglia, che rinasca tra tutti un’aspirazione mondiale alla fraternità. Come scrive il Papa: “Nessuno può affrontare la vita in modo isolato. C’è bisogno di una comunità che ci sostenga, che ci aiuti e nella quale ci aiutiamo a vicenda a guardare avanti. Com’è importante sognare insieme. Da soli si rischia di avere dei miraggi, per cui vedi quello che non c’è; i sogni si costruiscono insieme. Sogniamo come un’unica umanità, come viandanti fatti della stessa carne umana, come figli di questa stessa terra che ospita tutti noi, ciascuno con la ricchezza della sua fede o delle sue convinzioni, ciascuno con la propria voce, tutti fratelli”. Il discorso di fondo che ci pone il Papa è: trovo me stesso se trovo l’altro. Uno è se stesso quando scopre ed entra in relazione con l’altro. In questo tempo di pandemia non è affatto scontato».

Il Cardinale ha anche approfondito altre parti dell’enciclica, in cui il Papa parla della speranza, dell’amicizia sociale, della dimensione locale e universale, dell’amore politico e della cultura dell’incontro. In particolare, ha sottolineato che il Pontefice invita a «recuperare la gentilezza e a non accontentarsi di aver fatto qualcosa, ma a risolvere le cause. Il Papa ci dice che non basta aiutare un anziano ad attraversare il fiume, ma ci chiede di costruire il ponte. Ci chiede di rimuovere la causa della sofferenza. Allo stesso modo, non basta dare da mangiare a qualcuno che è nell’emergenza, bisogna dare a lui anche un posto di lavoro».

 

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