Da sempre, la luce ha saputo indicare per l’uomo una meta, una direzione, un destino. La luce è simbolo dello sguardo di Dio che si piega sul mondo per amarlo e trasfigurarlo, metafora della sua grazia che salva l’umanità dalle tenebre del peccato. Tuttavia, oggi, partendo dalle ricerche artistiche contemporanee, la luce sembra avere dimenticato questo riferimento al divino per esprimere un’indagine dell’uomo mai appagata sul senso della vita, sul mistero del mondo. La luce si fa «colore» del desiderio umano. In un dialogo tra presente e passato, il gesuita Padre Andrea Dall’Asta ha tenuto una conferenza ad Ancona martedì 14 dicembre, nella Chiesa di Santa Maria della Piazza, su “La simbolica della luce nell’arte e nell’architettura, tra presente e passato”, organizzata dall’Ufficio Beni Culturali Ecclesiastici e dall’Ufficio Scuola, con il patrocinio dell’Ordine degli Architetti Pianificatori Paesaggisti Conservatori della Provincia di Ancona.
Dopo l’introduzione di don Luca Bottegoni, direttore dell’Ufficio Beni Culturali, la conferenza è stata incentrata sulla dialettica tra alcuni esempi della tradizione cristiana, sia dal punto di vista artistico che architettonico, fino a indagare alcune opere contemporanee, partendo dalle indagini fondamentali sulla luce di Lucio Fontana per giungere alle sperimentazioni di James Turrell. Dall’età paleocristiana a quella gotica, dal Rinascimento al Barocco, con un’attenzione particolare ad artisti come Piero della Francesca, Tiziano, Caravaggio o Vermeer, in un’interdisciplinarietà tra arte e architettura, teologia e filosofia, Padre Andrea Dall’Asta ha delineato un’inedita e originale “storia” della luce. In un progressivo passaggio nei secoli da una luce teologica a una luce fisica che sarà poi indagata dagli Impressionisti, il suo racconto è diventato riconoscimento della bellezza del mondo e di Dio, interrogazione sul senso più profondo del mistero della vita.
Dopo aver compiuto un viaggio dall’età paleocristiana al Barocco, Padre Andrea Dall’Asta ha infatti proseguito l’indagine, partendo dalla luce fisica dell’Impressionismo alle più attuali sperimentazioni tecnologiche, con un’attenzione particolare ad artisti come Cézanne, Fontana e Turrell. «Nel Novecento – ha spiegato – la luce divina della tradizione non illumina più la vita umana, ma si fa materia stessa dell’opera. Così, gli “Ambienti spaziali” di Lucio Fontana aprono ad una serie di straordinarie ricerche su come l’uomo percepisce se stesso, in un cammino di appercezione. Di fatto la luce continua a incarnare il desiderio dell’uomo di lasciarsi interrogare dal segreto del mondo, affinché la realtà sia illuminata e riconosciuta nella sua verità e nella sua bellezza».
Durante il suo intervento, Padre Andrea ha parlato anche della Cattedrale di San Ciriaco e ha spiegato che «quando noi entriamo al suo interno, abbiamo l’impressione di entrare in uno spazio bizantino in quanto lo spazio si offre nella completezza di uno sguardo. In modo particolare siamo colpiti dalla bellezza della cupola, come attratti verso un’ascensione in una direzionalità verticale. I quattro bracci sono i quattro bracci del mondo, dell’essere cosmico, e al centro la cupola è la rappresentazione della Gerusalemme Celeste, quel luogo in cui alla fine del tempo ci ritroveremo per condividere con Dio la pienezza dei tempi nella gioia e nella condivisione della nostra vita». Al termine dell’incontro, Mons. Angelo Spina ha ricordato che «ogni uomo è alla ricerca di una luce di verità, bellezza e amore. Questa luce è Dio, come leggiamo nel prologo del Vangelo di Giovanni “Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo”. Il Natale è proprio questa luce. Dio viene tra noi e l’augurio è che ognuno lo accolga nel suo cuore e nella sua vita».
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