La comunità parrocchiale di San Sabino ha accolto fraternamente l’Arcivescovo Angelo Spina che lunedì pomeriggio (12 settembre) ha incontrato il consiglio pastorale e ha presieduto la Santa Messa, con cui ha avuto inizio la sua visita pastorale nella parrocchia di Osimo. La chiesa, dedicata a San Sabino, ha iniziato i festeggiamenti per i 300 anni della sua fondazione e, nel suo territorio, vivono tante famiglie giovani (i bambini del catechismo sono circa 120), ci sono due case di riposo e i Vigili del Fuoco del distaccamento di San Sabino che Mons. Angelo Spina incontrerà questa settimana, in occasione della visita pastorale.
Intanto il primo incontro di lunedì 12 settembre è stato quello con il consiglio pastorale, formato da alcuni rappresentanti dei gruppi presenti nella parrocchia, come ha spiegato il parroco Padre Jesudas Arackaparambil Chacko che ha introdotto l’incontro. A loro l’Arcivescovo ha ricordato che «la Chiesa è formata da persone chiamate da Dio a vivere la comunione e il comandamento dell’amore. La parola “parrocchia” significa casa tra le case, proprio perché è chiamata a creare comunione, e il compito del consiglio pastorale è annunciare il Vangelo. La Chiesa sta vivendo il cammino sinodale, che significa camminare insieme. Il consiglio pastorale cammina quindi insieme al parroco, lo consiglia e lo sostiene. Nella comunità parrocchiale siamo chiamati ad essere missionari, a portare il Vangelo». Durante l’incontro si è parlato anche di come coinvolgere i giovani e le famiglie e l’Arcivescovo ha sottolineato che la fede «non è un’imposizione, perché la Chiesa crede e cresce per attrazione».
Dopo l’incontro è iniziata la Santa Messa con il rito di accoglienza: Mons. Angelo Spina ha baciato il Crocifisso, ha asperso i fedeli con l’acqua benedetta e ha fatto una breve sosta di silenziosa adorazione davanti al Santissimo Sacramento. Il parroco Padre Jesudas, a nome di tutta la comunità, ha dato il benvenuto all’Arcivescovo e ha raccontato la storia della parrocchia, «costruita nel 1723, anche se le origini sono ancora più antiche perché già nel 1589 una chiesa fu eretta a San Sabino». Padre Jesudas ha anche ringraziato l’Arcivescovo per la sua presenza che «ci aiuterà a crescere nella fede operosa e viva e nell’amore verso Dio e tra di noi» e ha presentato i gruppi gruppi presenti nella parrocchia: i catechisti ai quali sono affidati circa 120 bambini, tre ministri della comunione e due lettori che stanno completando la formazione, alcune persone che si sono rese disponibili per le pulizie, il coro, il gruppo dei festarini e il gruppo degli adulti che si riunisce settimanalmente per riflettere sulle letture della liturgia domenicale.
L’Arcivescovo ha salutato tutti i fedeli e durante l’omelia, facendo riferimento al Vangelo e alla guarigione del servo del centurione, li ha invitati ad interrogarsi sulla propria fede e ha fatto la prima catechesi sul Credo. «La fede è un dono di Dio che abbiamo ricevuto il giorno del battesimo – ha spiegato – insieme alla speranza e alla carità. Qual è la differenza tra la religiosità naturale e la fede teologale che viene da Dio? Bisogna vedere se noi crediamo in Dio o a Dio. Credere in Dio significa credere che Dio esiste, ma ciò non basta. La fede cristiana è credere a quello che Dio ci ha rivelato, alla Sua Parola che si è fatta carne in Gesù Cristo. Il centurione ha infatti creduto alle parole di Gesù e il servo è guarito». Da qui la spiegazione delle prime parole del Credo, che continuerà nel corso della settimana. «Credo in un solo Dio – ha spiegato – significa che ti fidi di Dio, non delle superstizioni o degli idoli che generano solo ansia e paura. La fede toglie l’ansia e la paura e rende liberi. Crediamo in Dio Padre Onnipotente, che ci ama sempre. Dio non è un padrone, è un Padre che ci ha donato la vita». L’Arcivescovo ha quindi invitato i presenti ad interrogarsi sulla propria fede e, facendo l’esempio della suora italiana morta qualche giorno fa durante un attentato in Mozambico, ha sottolineato che «la fede è ciò che per cui sei disposto a morire. La fede è un sì detto non per costrizione, ma per amore».
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