Pasqua. Un termine che deriva dall’ebraico “Pesach”, il cui significato è “passaggio”. Nel nostro vivere quotidiano abbiamo tanti motivi per correre, spesso perché ci sono cose urgenti da fare e il tempo non basta mai, o perché veniamo attratti da qualcosa di nuovo, di interessante, oppure si corre per scappare da una minaccia, da un pericolo. Un mattino alcune persone corrono verso una tomba chiusa da un macigno. Corrono. É possibile incontrare la vita dove regna la morte? Assurdo pensarlo. Verso quel sepolcro corrono i discepoli di Gesù perché hanno ricevuto la notizia che il suo corpo è sparito dalla tomba. Chi corre più veloce è l’apostolo Giovanni, seguito da Pietro. I loro cuori battono forte all’impazzata, dopo il distacco che sembrava definitivo da quando hanno visto Gesù morire sulla croce e chiuso nella tomba. Nel correre, forse si accende in loro la speranza di rivedere il Signore. Da quel correre, da quella tomba vuota, dalla più bella notizia che sia stata mai udita, da quella mattina, la storia non è più la stessa. L’alba di quel giorno ha cambiato la storia. L’ora in cui la morte sembrava trionfare è stata vinta, subendo la definitiva sconfitta. Nemmeno quel pesante macigno, messo davanti al sepolcro, ha potuto resistere. Il Vangelo dice che Pietro entrò per primo nel sepolcro e vide i teli per terra e il sudario avvolto in un luogo a parte. Poi entrò anche l’altro discepolo, il quale “vide e credette”.
É importante questa coppia di verbi: vedere e credere. Quante cose avevano visto questi discepoli: l’acqua trasformata in vino a Cana, i malati guariti, una folla sterminata saziata con cinque pani e due pesci moltiplicati, la risurrezione di Lazzaro. Ora si trovano davanti al segno più grande: la risurrezione di Gesù Cristo. Di fronte al loro smarrimento umano, alle loro fughe, ai loro rinnegamenti scoprono una speranza inaudita. Gesù Cristo che non è un eroe immune dalla morte, ma colui che la trasforma con il dono della sua vita. E il lenzuolo piegato con cura nel sepolcro dice che non ne avrà più bisogno. La morte è stata vinta, non ha più potere su di Lui. Il sepolcro vuoto di Cristo diventa l’ultimo segno in cui risplende la vittoria definitiva della Vita. Gesù ha vinto la morte dando la vita per noi. E ci manda ad annunciare ai nostri fratelli, come ha fatto Maria Maddalena, che Lui è il Risorto, è il Signore, e ci dona il suo Spirito per seminare con Lui il Regno di Dio. Da quella mattina, domenica di Pasqua, è cambiata la storia.
Ci ricorda Papa Francesco: «Quanti sepolcri – per così dire – oggi attendono la nostra visita! Quante persone ferite, anche giovani, hanno sigillato la loro speranza “mettendoci – come si dice – una pietra sopra”. Con la forza dello Spirito e la Parola di Gesù possiamo spostare quei macigni e far entrare raggi di luce in quegli anfratti di tenebre» (Papa Francesco, Veglia di preghiera con i giovani italiani, 11 agosto 2018). La gioia pasquale dà il vero significato e senso a tutta la vita umana. Il male non ha l’ultima parola. Né il male presente nel nostro mondo sotto forme diverse e sottili, né il male che coesiste tra noi e in noi stessi. Il cristiano, la nuova creatura della Pasqua, deve rispondere al male con il bene. Come Gesù sulla croce. Il male non lo si può combattere con il male poiché creerebbe e produrrebbe più male, maggior male. L’unico modo per combatterlo, è sconfiggerlo con il bene. Fare il bene, anzi: far bene il bene! É questo un valore sempre sicuro. Chi semina bene raccoglierà bene, anche se molte volte può sembrare il contrario. Una buona dimostrazione di resurrezione, dell’uomo nuovo della Pasqua sarà quello di essere operatori di pace e ricercatori di riconciliazione. Il rancore è un ostacolo. Il perdono, la riconciliazione cristiana, è “un andare oltre” la logica di essere nel giusto. É disponibilità a fare il primo passo. É andare per primi incontro all’altro, offrendogli la riconciliazione, e assumere la sofferenza che implica la rinuncia ad avere ragione. Il perdono della Pasqua, il perdono dei cristiani, sarà il modo migliore per sapere chiedere perdono, avere il coraggio di farlo, e sapere perdonare di cuore.
Con la Pasqua splende e splenderà l’amore. Questo amore che è più grande, più potente, più bello, più fecondo e più fecondante della morte, della disperazione, della violenza, dell’ingiustizia, dell’odio, del rancore, del male e delle tenebre. Questo amore salvatore è Gesù Cristo crocifisso e risorto, la nostra unica speranza. E non è forse questo il nostro grido del cuore? Non è questa la sete dell’anima dell’essere umano di tutti i tempi, che anela ad essere soddisfatta? E non è forse questo che hanno detto e hanno annunciato le Scritture? I cristiani non sono il popolo di un morto, ma popolo del Risorto. Buona Pasqua a tutti!
+Angelo Spina Arcivescovo Metropolita di Ancona-Osimo