“Vi ringrazio per il vostro costante lavoro che implica mettersi in gioco con i ragazzi, avere un’intelligenza antopologico-affettiva, uscire dal ruolo per esporsi con passione”, ha esordito il Card. Matteo Zuppi, presidente della CEI, nel suo incontro del 2 maggio con i partecipanti al Convegno nazionale degli uffici diocesani per la pastorale della scuola e l’IRC.
“Dobbiamo aiutare la scuola a essere scuola”, ha proseguito, “vale a dire comprendere cosa significa educare dinanzi all’inverno educativo che scontiamo sotto molti profili: crisi demografica, difficoltà degli insegnanti, pregiudizi nei confronti dell’insegnamento della religione cattolica, scarso investimento istituzionale”.
“La vostra fatica”, ha aggiunto il presidente della CEI “è quella di esserci in un mondo che ci percepisce distanti, un mondo in cui sembra sempre più difficile spiegare sempre da capo la bellezza del Vangelo, fronteggiando le tante fragilità dei ragazzi di oggi. Eppure proprio oggi più che mai occorre il coraggio di esporsi, perché c’è un enorme bisogno di senso e di riaffermazione, di capirsi di nuovo, da capo, soprattutto con i più giovani”.
Sulla scorta del suo ricordo come giovane insegnante di religione a Roma, il Card. Zuppi ha voluto sottolineare l’importanza non solo di creare collegamenti con gli studenti “ma di mantenerli attraverso il patrimonio di relazioni che ciascun insegnante di religione esprime. Un patrimonio da mettere a frutto uscendo dall’idea strettamente funzionalista del proprio ruolo, per riscoprire l’essenziale funzione di essere accorciatori di distanze fra parola e vita che appartiene al cristiano, così come al docente”.
Un’ultima riflessione ha toccato l’esempio spendibile che proviene dai cantieri del cammino sinodale e che il Card. Zuppi ha offerto ai partecipanti durante la parte finale dell’incontro.
“Il cammino sinodale della Chiesa italiana ci riguarda, poiché nessuna prospettiva operativa è possibile se il nostro cammino non è cadenzato sui passi di quello della Chiesa e proprio il cammino ci sta insegnando molte cose belle che rischiavamo di scordarci. Prima fra tutte: l’importanza dell’ascolto. Metterci in ascolto ci insegna ad appassionarci di nuovo alla nostra vocazione, anche a quella professionale, senza vittimismi, senza sconforto inutile e sterile, ma ripartendo dalle domande inascoltate o date, invece, per scontate quando non lo sono per nulla”.
Un sogno per essere efficaci insegnanti oggi? “Diventare dei baluardi rispetto alla banalizzazione dell’esigenza spirituale che è ancora profondamente avvertita”, ha concluso il presidente della CEI prima di dialogare con i partecipanti che durante i loro interventi hanno toccato molteplici temi: dalla formazione primaria nelle scuole di teologia, all’esigenza di rimotivazione degli insegnanti di religione, dal precariato ancora molto presente, alle conseguenze del Covid, fino a una progettazione pensata sulla concreta fisionomia dei giovani che frequentano la scuola.