Presentato il volume “Gli arazzi fiamminghi del Museo diocesano di Ancona. Committenza e datazione”

In occasione delle Giornate di valorizzazione del patrimonio culturale ecclesiastico promosse dall’Ufficio Nazionale per i beni culturali ecclesiastici della Cei, con il patrocinio di ICOM (International Council of Museum), per scoprire musei, archivi, biblioteche delle Diocesi, chiese e ciò che conservano, l’Arcidiocesi di Ancona-Osimo ha presentato l’ultimo numero della collana “Quaderni della Cattedrale di Ancona”: Gli arazzi fiamminghi del Museo diocesano di Ancona. Committenza e datazione, a cura di don Luca Bottegoni e Nadia Falaschini. La presentazione del volume è avvenuta domenica 21 maggio, nella Sala degli arazzi del Museo diocesano di Ancona.

Come ha spiegato la professoressa Nadia Falaschini, «il lavoro si avvale della ricerca e dello studio di documenti conservati nell’Archivio di Stato di Ancona e nell’Archivio storico diocesano di Ancona». Le fonti primarie consultate hanno consentito di inquadrare la inedita personalità dell’illustre committente dei preziosi arazzi rubensiani, esposti nel Museo diocesano di Ancona, che rappresentano la natività di Gesù, l’istituzione dell’Eucaristia, la resurrezione di Gesù e l’assunzione della Vergine. La Falaschini ha spiegato che «il benefattore, l’abate Buccelleni, apparteneva a una ricca famiglia di mercanti provenienti da Brescia che, nel 1639, era stata aggregata al patriziato di Ancona con il Breve di Papa Urbano VIII Barberini, insieme ad altre famiglie forestiere aspiranti a entrare nelle magistrature cittadine. Ricco e imparentato nobilmente il benefattore, tra gli altri lasciti testamentari, ha voluto includere un lascito di 2000 scudi alla Confraternita del Santissimo Sacramento di Ancona per far realizzare nelle Fiandre gli arazzi, che sarebbero stati esposti una volta all’anno durante le festività religiose che rappresentavano».

Grazie a queste informazioni, viene così a ridefinirsi l’epoca di esecuzione dei quattro costosi manufatti tessili e il ruolo svolto dalla Confraternita. Il volume contiene inoltre un ricco apparato documentale sui membri della famiglia di appartenenza del benefattore e un ampio corredo di immagini. Don Luca Bottegoni, direttore dell’Ufficio diocesano Beni culturali Ecclesiastici, ha ringraziato la dottoressa Falaschini che, «attraverso una puntuale ricerca, ci ha restituito il testamento dell’abate Buccelleni, illustre figura deceduta agli inizi del Settecento. Nel suo testamento Buccelleni finanziò la realizzazione dei quattro arazzi rubensiani e ciò sposta, come già evidenziato da Marcello Mastrosanti, la loro tessitura gli inizi del Settecento. In realtà, come puntualmente scrive l’autrice, già in passato furono posti interrogativi sulla datazione degli arazzi, sulla base di un’analisi stilistica che ora trova conferma attraverso le fonti documentarie. Ciò non toglie nulla all’influenza rubensiana sugli arazzi e magari apre l’occasione per ulteriori studi circa le contaminazioni artistiche tra autori di aree geografiche diverse».

Anche Mons. Angelo Spina ha ringraziato la professoressa Falaschini per «questa pubblicazione di grande pregio in cui, con passione, con il rigore della ricerca storica ci porta a conoscenza di cosa c’è dietro gli arazzi a partire dalla committenza, alla realizzazione, all’uso che ne faceva la Confraternita, come venivano custoditi, al loro nascondimento durante la guerra, al ritrovamento e restauro successivo. Interessante la lettura iconologica che fa cogliere non solo l’alto valore artistico, ma cosa è celato dietro i colori, le forme e quanto vi è raffigurato. Gi arazzi, dalla lettura che ne viene fatta, sono come una finestra aperta sull’invisibile e sugli eventi salienti della vita di Cristo che è in grado di condurre alla conoscenza della Verità e della Bellezza. Nel Nuovo Testamento la bellezza si concentra nella persona di Gesù Cristo, rivelazione di Dio e “irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza” (Eb 1,3). Il suo Vangelo è affascinante perché è una notizia bella, buona, gioiosa, piena di speranza. Di fronte a questi arazzi ora possiamo sostare con maggiore consapevolezza e contemplare tanta bellezza che provoca sicuramente sentimenti di gioia, piacere, tenerezza, pienezza, senso, aprendoci al trascendente, all’infinita bellezza di Dio».

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