La Quaresima con la Lectio divina

Con l’inizio della Quaresima, l’Arcivescovo tiene la Lectio divina, il martedì al santuario di S. Giuseppe da Copertino ad Osimo, alle ore 21.00, e il venerdì nella cattedrale di S. Ciriaco ad Ancona, alle ore 21.00.

Di seguito viene riportata la prima Lectio.

 

Vangelo secondo  Matteo, 8,5-13

In quel tempo, entrato Gesù in Cafàrnao, gli venne incontro un centurione che lo scongiurava e diceva: «Signore, il mio servo è in casa, a letto, paralizzato e soffre terribilmente». Gli disse: «Verrò e lo guarirò». Ma il centurione rispose: «Signore, io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, ma di’ soltanto una parola e il mio servo sarà guarito. Pur essendo anch’io un subalterno, ho dei soldati sotto di me e dico a uno: “Va’!”, ed egli va; e a un altro: “Vieni!”, ed egli viene; e al mio servo: “Fa’ questo!”, ed egli lo fa».

Ascoltandolo, Gesù si meravigliò e disse a quelli che lo seguivano: «In verità io vi dico, in Israele non ho trovato nessuno con una fede così grande! Ora io vi dico che molti verranno dall’oriente e dall’occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli, mentre i figli del regno saranno cacciati fuori, nelle tenebre, dove sarà pianto e stridore di denti». E Gesù disse al centurione: «Va’, avvenga per te come hai creduto». In quell’istante il suo servo fu guarito.

 

Ambientazione del brano:

 

Siamo a Cafarnao, nella Palestina settentrionale, in una città di confine del piccolo regno di Erode Antipa, intorno agli anni trenta. Vi troviamo l’ufficio doganale,  a cui sedeva il pubblicano Levi (Mc 2,13ss); varie aziende familiari dedite alla pesca, come quella di Simone e Andrea o quella di Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo; vi risiede una guarnigione di soldati comandata da un centurione.

Chi era questo centurione che va incontro a Gesù? Non conosciamo le sue origini, sappiamo che era inquadrato nell’esercito romano e che aveva alle sue dipendenze una centuria, circa duecento uomini, con la quale presidiava il territorio di Cafarnao.

Probabilmente era un veterano, un combattente valoroso che si era guadagnato i gradi combattendo sul campo.

La prima cosa che colpisce in questa pagina di Vangelo è che il centurione romano va incontro a Gesù.

E’ una cosa nuova. Solitamente è Gesù che incontra, chiama e guarisce. Qui è un centurione romano, straniero, soldato oppressore, di religione diversa che si avvicina Gesù. Forse quest’uomo non ha neppure ben chiaro chi sia Gesù, ma qualcosa dentro lo spinge, forse ha sentito parlare di lui e dei segni che opera. Questa intuizione, questo desiderio, questo bisogno invisibile ma performante è il motore che lo muove. È la ricerca di Dio che abita in ogni uomo della terra.

Il centurione prende sul serio questo desiderio che sente nel cuore, non si lascia intimorire, non si impaurisce di fronte a Gesù, ma lo affronta di petto, si sente già amato e guarito, si fida già di Lui e così gli va incontro sicuro di ricevere la guarigione!

«Signore, il mio servo è in casa, a letto, paralizzato e soffre terribilmente».

Il Vangelo ci presenta il centurione come un uomo buono che cerca Gesù per una particolare situazione: la guarigione di un servo a lui molto caro. Egli pur essendo un comandante, ha a cuore la sorte dei suoi attendenti e si prende cura di uno dei suoi servi.

Il Vangelo di Luca che riporta l’episodio in un altro modo mette in evidenza le caratteristiche  del centurione: sa essere vicino alla gente: “… ama il nostro popolo”.  Sa cogliere e va incontro ai loro bisogni: “… è stato lui a costruirci la sinagoga”.  Ama molto i suoi dipendenti ed ha a cuore la sorte di un suo servo: “… che giace in casa paralizzato e soffre terribilmente”. Un uomo buono e pietoso, generoso con la gente, benvoluto da tutti…

 

La seconda cosa che colpisce è che Gesù si meraviglia. Si meraviglia perchè viene avvicinato da uno straniero che non fa parte del suo discepolato, del popolo eletto, di Israele; si meraviglia perchè si trova davanti un uomo coraggioso che supplica una guarigione non per sé ma per il suo servo.  (cf. to share, to care).

Si meraviglia perchè è umile e le parole “non sono degno che tu entri sotto il mio tetto” quasi lo sciolgono. Gesù si meraviglia dell’umanità del centurione, della bella sorpresa che scopre nel cuore di questo uomo che gli è andato incontro. In questi incontri, in queste situazioni, “Signore, non sono degno che tu entri sotto il mio tetto”, dice il centurione a Gesù. Sono le parole che ripetiamo prima della comunione, prima di ricevere il Corpo di Gesù.

La preghiera del centurione è quella del mendicante che chiede, non di colui che pretende. E’ una preghiera umile che viene dal cuore e dalla compassione verso chi soffre.

L’umiltà è la prima caratteristica del nostro rapporto con Dio: il centurione sa di ricevere solo per dono e non per merito. La falsa umiltà di chi spera solo in sé, davanti all’impossibile si fa rassegnazione o disperazione. La vera umiltà, invece, davanti al proprio limite, si fa fiducia, e spera tutto da Dio, come il figlio dalla madre.

 

La terza cosa che colpisce è il “muoversi” di Gesù. “Io verrò e lo curerò”. Di fronte a una preghiera di supplica per un servo malato, di fronte a tanta fede, Gesù non sta fermo, ma và verso, “Io verrò e lo curerò”.

Non si lascia vincere in generosità e neppure in coraggio. Di fronte a questo uomo così coraggioso e così umile Gesù non tentenna. Il centurione sa che tutto è possibile a Dio e Gesù è Figlio di Dio e sa esattamente che è così.

 

Gesù accogliendo la sua preghiera è disposto anche ad andare nella sua casa. Il centurione però non vuole chiedere troppo, teme di essere importuno: perché scomodarlo? “Signore non stare a disturbarti, io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, […] ma comanda con una parola e il mio servo sarà guarito”. L’umiltà del centurione è tale che egli non si sente degno di accoglierlo nella sua casa, sa che è un pagano. Ma ha la convinzione che Gesù può fare una guarigione anche a distanza.

 

All’udire questo Gesù restò ammirato…

Le parole del centurione sono parole di umiltà e di fede che stupiscono Gesù: come è possibile che il Cristo si meravigli di quell’uomo? Un’autentica vita di fede diviene anche per Gesù motivo di ammirazione! Nella fede l’uomo supera se stesso entrando in comunione con Dio. Gesù contempla in quest’uomo l’azione dello Spirito: “Io vi dico che neanche in Israele ho trovato una fede così grande!”

 

La risposta di Gesù alla nostra preghiera è sempre insieme affermativa e negativa: dalla nostra fede dipende che sia l’una o l’altra. In questo caso subito Gesù intuisce la grande fede del centurione e si mette a sua completa disposizione.

E la fede compie il miracolo della guarigione, anche a distanza.

Di due cose il Signore si meraviglia: della nostra fede e della nostra mancanza di fede. Dio non ci toglie mai la libertà anche quando uno è contro di lui. La libertà è il dono più bello che ci ha fatto.

I miracoli sono segni naturali che hanno un significato spirituale. Il segno è importante, anzi, necessario, come le lettere dell’alfabeto per scrivere; ma ciò che conta è leggere che cosa è scritto. Noi, purtroppo diamo più importanza alle lettere che a quello che è scritto, in poche parole più ai miracoli e ai vantaggi materiali che ne ricaviamo che al loro significato. Il miracolo quindi è un segno visibile di cui bisogna leggere il significato, invisibile. Questa capacità di lettura “simbolica” distingue l’uomo dall’animale. Una rosa rossa per una capra è semplicemente qualcosa da mangiare; ma una rosa rossa regalata ad una donna significa il cuore di chi gliela dona.

Il miracolo è segno della nostra fiducia: Dio è per noi, e tutto vuol donarci, anche se stesso. Aspetta solo che noi lo chiamiamo con fede. Questo è alla fine il vero miracolo, che ci porta ad accogliere i doni di Dio, e Dio stesso come dono. Essa ci guarisce dalla diffidenza che ebbe Adamo.

Il centurione ci insegna ancora come dobbiamo rapportarci con il fratello/sorella che cammina accanto a noi: “… lo aveva molto caro”.

La risposta di Gesù alla nostra preghiera è sempre insieme affermativa e negativa: dalla nostra fede dipende che sia l’una o l’altra. In questo caso subito Gesù intuisce la grande fede del soldato e si mette a sua completa disposizione.

E la fede compie il miracolo della guarigione, anche a distanza.

Gesù accoglie tutti senza guardare “razza, religione, condizione sociale, categorie ecc…”

Come accolgo le nuove sfide che la società mi presenta? Chi non è cristiano, chi è straniero, chi soffre?