Santa Messa dalla Cattedrale di San Ciriaco in diretta su Rai 1

Domenica 3 marzo è andata in onda su Rai 1 la Santa Messa dalla Cattedrale di San Ciriaco, presieduta da Mons. Angelo Spina e concelebrata dal vicario generale don Luca Bottegoni e dal rettore del duomo don Giuliano Nava (regia  di Simone Chiappetta, commento di Orazio Coclite). Alle ore 10.55 è stata trasmessa una clip di presentazione della città di Ancona e della chiesa, mentre alle 11è iniziata la celebrazione eucaristica animata dalla Cappella Musicale San Ciriaco, diretta dal Maestro Tullio Andrioli. Il servizio liturgico è stato guidato da don Lorenzo Rossini, direttore dell’ufficio diocesano Liturgico e Ministeri. Sono tantissimi i fedeli che hanno partecipato alla messa, tra cui il sindaco Daniele Silvetti con la sua famiglia. Tanti anche coloro che hanno seguito la diretta su Rai 1.

Lo staff della regia e la squadra esterna Rai sono arrivati presso la Cattedrale di Ancona venerdì per la sistemazione dei mezzi, le prove con il coro, il servizio liturgico, i lettori, le preghiere dei fedeli, l’offertorio. Sabato sono state allestite luci, telecamere e l’impianto microfonico. Circa 20 sono gli operatori che hanno lavorato per la diretta, sei le telecamere utilizzate.

La Messa in diretta che, è stata una delle prime trasmissioni della Rai, compie quest’anno 70 anni. È uno degli appuntamenti televisivi più longevi, contemporaneo all’inizio ufficiale delle trasmissioni della Rai (3 gennaio 1954). La prima volta fu, infatti, il 10 gennaio 1954 dalla Basilica di San Simpliciano a Milano, sette giorni dopo il “debutto” della Rai. La trasmissione è regolata da una convenzione tra la Rai e la Conferenza episcopale italiana. In questi anni è andata in onda da migliaia di chiese italiane.

L’omelia dell’Arcivescovo Angelo Spina: 

Nella prima lettura, tratta dal libro dell’Esodo, ci viene riproposto il racconto in cui Dio dà a Mosè il decalogo. Dio vuole far comprendere a tutti che è Lui che li ha fatti uscire dalla schiavitù dell’Egitto, per renderli liberi, renderli suoi figli, e per questo aveva sigillato l’alleanza con Israele consegnando le “dieci parole di libertà”, la “guida essenziale per vivere felici”, da beati. I comandamenti non sono leggi da rispettare in modo freddo, distaccato, ma basi di un rapporto da vivere. Un comando è un ordine da eseguire. La parola invece è un mezzo per il dialogo. Gli ebrei non parlavano di comandamenti, ma parlavano delle dieci parole della rivelazione, che il Signore Dio aveva dato a Mosè e che loro dovevano seguire nella vita e osservandole sarebbero diventati capaci di amare Dio.

Quando si parla dei comandamenti, molte persone pensano che sia l’elenco dei “no”, quasi come se gli insegnamenti della Chiesa fossero solo dei divieti, pieni di cose da non fare, imposizioni impossibili da realizzare. Dio ha dato al popolo la legge, perché, attraverso questi insegnamenti, potesse diventare libero e non schiavo di tutte le negatività che esistono dentro di lui. Se si osserva ciò che Dio ha detto si diventa veramente liberi di vivere nell’amore di cui parla Gesù; egli, infatti, non ha eliminato la legge, ma l’ha perfezionata, dandoci il comandamento nuovo: “Amatevi gli uni gli altri come Io ho amato voi”: se si impara ad amare gli altri alla maniera di Gesù non ci sarà nessun problema ad osservare il decalogo. S. Agostino diceva: “Ama Dio e fa quello che vuoi”. Da credenti dovremmo crescere in libertà, scevri dagli obblighi morali senza alcun riferimento a Dio e alcuna interiorità, come ad avere la fede come un soprabito da togliere quando si vuole. Il vero culto è imparare a vivere il precetto dell’amore senza maschere, amando Dio e i fratelli.

Il vangelo di questa domenica, poi, ci presenta un Gesù inedito, che non ci aspetteremmo. Egli si reca al tempio come aveva fatto tante altre volte per la preghiera; è prossima la pasqua ebraica. Abbiamo ascoltato che Gesù trovò gente che vendeva buoi, pecore, colombe, e là seduti i cambiamonete. Quella gente aveva scambiato per un mercato quel luogo deputato alla preghiera e all’incontro con Dio. Preso da santo zelo per la casa del Padre, ridotta a una spelonca di ladri e infestata da venditori e cambiavalute, mostra tutta la sua indignazione e reagisce con veemenza davanti alla perversione della fede. Il tempio era ritenuto la dimora di Dio con gli uomini, il luogo dove era più viva la sua presenza, segno visibile di un’unica fede, nell’unico Dio, del popolo eletto, luogo di preghiera e di culto e non di mercato. Gesù vede che il rapporto con Dio è stato trasformato in un commercio e reagisce con tutta la sua umanità. Con Dio non si vende e non si compra.

Cosa vuole insegnarci oggi Gesù con il suo rovesciamento dei banchi e buttando a terra le monete? Ci chiede semplicemente di svuotare il nostro cuore da tutte quelle mercanzie che non permettono al suo amore di entrare. Lui ci ama tanto da volere che la nostra anima sia pulita e libera, così che ci sia spazio per Lui. Se una brocca è piena d’acqua non possiamo pretendere di riempirla con il vino, ma dobbiamo svuotarla se vogliamo metterci qualcosa di meglio. La vita cristiana non è raggiungere Dio, ma fargli posto in modo degno. Con la frusta Gesù getta tutto per terra. È quello che dobbiamo fare anche noi, scaraventare a terra tutte le cose che inquinano la nostra vita, la nostra anima, e renderla tempio di Dio, che a noi si dona come ricchezza infinita.

Il gesto indignato di Gesù al tempio suscita subito una domanda da parte dei Giudei: «Quale segno ci mostri per compiere queste cose?» (Gv 2,16). Gesù allora rivela, toglie il velo, e dice: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere» (Gv 2,19). Le parole di Gesù sono profetiche. Afferma chiaramente che lui è il tempio di Dio. La dimora di Dio non si trova più nel tempio, ma il corpo di Gesù è la vera dimora di Dio. Lui verrà messo a morte, ma il terzo giorno risorgerà. È proprio in forza della sua morte e risurrezione che il nostro cuore, a volte intasato da tante mercanzie, ricolmo di tanti idoli, di cattivi compromessi, profanato da tanti peccati, può essere liberato da ciò che lo sporca e porta via la bellezza. Gesù non sopporta che il nostro cuore diventi una bancarella da mercato, ma vuole che sia il luogo dove Dio abita. Gesù scacciando i mercanti dal tempio lo purifica, fa comprendere agli uomini come deve essere il culto nei confronti di Dio, puro e fedele; nel tempio si deve celebrare solo una liturgia: quella dell’amore.

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