Giovedì santo: Messa crismale con la benedizione degli oli

È stata celebrata questa mattina nella Cattedrale di San Ciriaco la Messa crismale, durante la quale sono stati benedetti gli oli santi (il crisma, l’olio dei catecumeni e l’olio degli infermi), che sono stati distribuiti ai parroci che li useranno durante l’anno liturgico per celebrare i sacramenti. La celebrazione, alla presenza del clero diocesano, è stata presieduta da Mons. Angelo Spina.

Nel giorno in cui si ricorda l’istituzione del sacerdozio, i presbiteri hanno rinnovato le promesse sacerdotali e sono stati ricordati quelli che hanno raggiunto o stanno per raggiungere nel corso dell’anno un traguardo importante nell’anniversario della propria ordinazione: don Fabrizio Mattioli e padre Jesudas Arackaparambil Chacko (15 anni); don Andrea Cesarini, don Giuseppe Damor, padre Jacques Zitonda Mudende (25 anni); don Stanislaw Kosiek (35 anni); don Sauro Barchiesi, don Pierluigi Moriconi, don Giovanni Varagona (40 anni); don Dino Cecconi e Mons. Angelo Spina (45 anni); don Mario Girolomini, don Franco Marchetti, don Nicolino Mori (55 anni); Mons. Vincenzo Baiocco, don Carlo Gabbanelli, don Guerriero Giglioni, il Cardinale Edoardo Menichelli (60 anni); don Isidoro Lucconi (65 anni). Inoltre sono stati ricordati gli anniversari di alcuni diaconi: Nello Caporaloni, Marcello Ravaioli, Franco Recanatini, Andrea Ulissi (25 anni); Vittorio Pisano, Giuseppe Simonetti (30 anni), Learco Monina (40 anni).

L’omelia di Mons. Angelo Spina

Cari fratelli, care sorelle,
abbiamo pregato le parole del Salmo (89): «Canterò per sempre l’amore del Signore», parole vere, parole di speranza, mentre siamo qui dove si coglie la manifestazione visibile della Chiesa in tutte le sue componenti, riunite intorno al vescovo nella chiesa cattedrale. È la Messa in cui il vescovo consacra gli oli santi: il crisma, l’olio dei catecumeni e l’olio degli infermi. Sono gli oli che si useranno durante tutto l’anno liturgico per celebrare i sacramenti. In questa Messa i sacerdoti rinnovano le promesse pronunciate il giorno dell’Ordinazione e la Chiesa tutta riscopre la sua vocazione sacerdotale. Con il battesimo Gesù ha fotto di noi un regno, sacerdoti per il suo Dio e Padre, a lui gloria e la potenza nei secoli dei secoli. (cf Ap 1,6).

Dal libro di Isaia abbiamo ascoltato: «Lo Spirito del Signore Dio è su di me…mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare il lieto annuncio ai miseri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati». E aggiunge: «Voi sarete chiamati sacerdoti del Signore, ministri del nostro Dio», è da notare che il testo originale usa un termine che non indica tanto “ministri” quanto “servi del nostro Dio”, per collegare l’espressione e la missione di servo di Jahvè. Questi “servi del nostro Dio”, sono dunque chiamati a portare «il lieto annuncio…a fasciare le piaghe dei cuori spezzati…a promulgare l’anno di grazia (di misericordia) del Signore». È la misericordia a portare un limite al male: Gesù servo di Jahvè, è la misericordia del Padre. E noi, a partire dal battesimo, siamo chiamati a portare con la vita e la parola i segni della misericordia di Dio, come ci ha ricordato papa Francesco nella Bolla di indizione del Giubileo: “La speranza non delude”.

Più volte mi sono soffermato a riflettere sul rinnegamento di Pietro e sullo sguardo di Gesù come riportato nel Vangelo di Luca (22,61): «Allora il Signore, voltatosi, guardò Pietro, e Pietro si ricordò delle parole che il Signore gli aveva detto: «Prima che il gallo canti, oggi mi rinnegherai tre volte». E, uscito, pianse amaramente». Pietro incrocia lo sguardo di Gesù, piange e rinasce. Quante volte Gesù gli ha parlato e le sue parole gli hanno cambiato la vita, hanno stravolto il suo modo di pensare, hanno aperto orizzonti inimmaginabili fino a quel momento. Ma questa volta Gesù guarda Pietro senza dire nulla, e Pietro, in quel silenzio, si sente amato, conosciuto fino nel profondo, accolto nella sua debolezza. Gesù, che viene rinnegato proprio da lui, non gli butta addosso il rimprovero.  Ancona una volta gli dà la possibilità di rinascere. Pietro ha fatto finta di non conoscerlo e lui gli ha mostrato il suo volto. Pietro ha negato di essere suo discepolo e lui non lo ha abbandonato a se stesso. Gesù non lo ha lasciato solo nella sua vergogna. Lo sguardo con cui Gesù si rivolge verso Pietro, lo mette di fronte alla verità ma senza accusarlo e lo fa sentire amato come non mai. Pietro piange, le lacrime amare nei suoi occhi sono quelle annegano il peccato. Piange di pentimento, piange per l’amore gratuito di Gesù che lo rinnova, piange e la sua fede rinasce in quel momento, non dalla sua coerenza ma dalla sua debolezza amata dal Signore Gesù.

Bello lo sguardo di Gesù su Pietro, commovente il pianto di Pietro per la sua debolezza. In questo Giubileo che stiamo vivendo come grazia, lo sguardo di Gesù si posa su ciascuno di noi e tocchiamo con amarezza le nostre incoerenze, i nostri gravi peccati, ne sentiamo profonda vergona perché offendono Dio, e abbruttiscono il bel volto della Chiesa, ne proviamo vergogna e per questo chiediamo il perdono che apre alla speranza, possiamo rinascere solo se ci lasciamo trafiggere dallo sguardo d’amore del Signore Gesù, per questo oggi rinnoviamo la nostra fiducia in Gesù con le parole di Pietro dopo la risurrezione: “Tu sai tutto, tu sai che ti voglio bene” (Gv 21,17). Quando veniamo perdonati dal Signore sperimentiamo la pace nei nostri cuori e la diffondiamo costruendo sempre unità: nel presbiterio, nelle comunità parrocchiali, dovunque. Il cammino sinodale che stiamo vivendo ci sta aiutando ancor più a camminare insieme. La comunione è pensarsi insieme, con quel “cuore solo e un’anima sola” (At, 4,32), che non annulla le differenze, ma annulla la divisione, che non umilia l’io ma l’orgoglio che lo deforma.

Il cammino sinodale ci riporta alla dimensione essenziale della comunità, in un mondo di imperante, sfacciato, individualismo, dove è prevalente la logica della forza. Insieme e mai senza o contro gli altri, come disse Papa Francesco “la tentazione è sempre quella di difendere a spada tratta le proprie idee, credendole buone per tutti, e andando d’accordo solo con chi la pensa come noi – e aggiunse – : “Ripartiamo da qui, guardiamo la Chiesa come fa lo Spirito, non come fa il mondo. Il mondo ci vede di destra e di sinistra, con questa ideologia, con quell’altra; lo Spirito ci vede del Padre e di Gesù. Il mondo vede conservatori e progressisti; lo Spirito vede figli di Dio. Lo sguardo mondano vede strutture da rendere più efficienti; lo sguardo spirituale vede fratelli e sorelle mendicanti di misericordia. Lo Spirito ci ama e conosce il posto di ognuno nel tutto: per Lui non siamo coriandoli portati dal vento, ma tessere insostituibili del suo mosaico” (Omelia, 31 maggio 2020).

La comunione è la pienezza dell’amore di quella casa dove tutto ciò che è mio è tuo e non diventa più mio secondo il possesso ma solo secondo l’amore. Camminiamo insieme perché siamo chiamati a servire il Vangelo. Come Mosè siamo messi in guardia dal fabbricarci idoli, come il culto della mondanità, del benessere, del consumismo, della propria forza, e intercediamo per il nostro popolo, interpretando la sua vocazione più profonda che il popolo stesso ha smarrito ma che pure è presente in tutti. Ecco quello che siamo chiamati a testimoniare e che, quando lo facciamo, riaccende relazioni, riapre dialogo, fa ritrovare il cammino vero a noi e ai tanti pellegrini con il cuore e il volto triste. Siamo riflesso dell’amore di Dio e lo siamo se mettiamo in alto la sua luce, ci liberiamo dal protagonismo che mette al centro solo noi stessi. Gesù non riceve gloria dagli uomini. E non riconosce Gesù chi cerca la gloria gli uni dagli altri, ammonimento che sentiamo sempre rivolto a ognuno di noi, perché l’unica gloria è rivestire di amore il prossimo. Ci aiutino il cammino sinodale e il Giubileo a percorrere vie nuove, vie di speranza aperte al Crocifisso–Risorto, al soffio dello Spirito.

Oggi dico grazie soprattutto a voi, carissimi presbiteri. Grazie a voi consacrati e consacrate, grazie a voi diaconi, grazie ai seminaristi, grazie a voi, fratelli e sorelle, che nel cammino sinodale che la Chiesa sta vivendo, siete segno di speranza nella comunione, partecipazione e missione. Un grazie particolare a voi ragazzi e ragazze che partecipate a questa eucaristia, che vi state preparando a ricevere il sacramento della confermazione, ci incontreremo insieme a tutti i ragazzi e ragazze dell’Arcidiocesi, martedì dopo Pasqua 22 aprile in questa Cattedrale alle ore 16, ricordando il santo giovane Carlo Acutis. Ricordiamo oggi, con il pensiero commosso e la preghiera tutti i sacerdoti che sono tornati alla casa del Padre. Rivolgiamo un pensiero a tutti sacerdoti ammalati ed assenti a motivo dell’età avanzata. A tutti vada l’abbraccio e l’affetto riconoscente del presbiterio e della intera comunità diocesana. Saluto con affetto e gratitudine tutti i sacerdoti e religiosi di altre nazioni presenti nella diocesi che esercitano il ministero pastorale a servizio delle comunità parrocchiali.

Nel giorno in cui ricordiamo l’istituzione del sacerdozio è bello unirci alla lode di ringraziamento di quei fratelli presbiteri che hanno raggiunto o stanno per raggiungere nel corso dell’anno un traguardo importante nell’anniversario della propria ordinazione come abbiamo sentito all’inizio della celebrazione. E voi, carissimi fratelli e sorelle, pregate per i vostri sacerdoti e con la corresponsabilità pastorale siate loro accanto nelle difficoltà, amateli come fratelli, sentiteli come padri e guide della comunità perché noi tutti, vescovo e presbiteri, in questo tempo non facile ma pur sempre tempo di grazia, desideriamo essere “collaboratori della vostra gioia” (2Cor 1,24). La Regina di tutti i Santi, i nostri Patroni: San Ciriaco e San Leopardo ci proteggano e custodiscano nel cammino di santità. Amen.

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