Grande partecipazione di fedeli alla S.Messa presieduta dall’Arcivescovo nella cattedrale di San Ciriaco, in occasione della ricorrenza della Festa del mare. Tutto il programma previsto nel pomeriggio è stato rinviato a causa della pioggia persistente.
Di seguito viene riportata l’omelia dell’Arcivescovo:
“Cari fratelli e sorelle, in questa domenica, celebriamo la Festa del mare, una tradizione sentita e consolidata da ben 36 anni.
Rivolgo un deferente e caloroso saluto a tutte le autorità civili e militari presenti, a quanti svolgono sul mare la loro attività: i marinai, i laboriosi pescatori, la Capitaneria di Porto, le forze dell’ordine, gli operai dei cantieri navali, gli operatori dei cantieri e dei servizi del porto; e anche a tutti coloro che sul nostro mare e sulla nostra spiaggia vengono a trascorrere le loro vacanze o che svolgono le diverse attività legate al turismo e allo sport. Non possiamo dimenticare coloro che sul mare hanno concluso la loro vita, nel corso della processione con le barche, in un momento di preghiera di suffragio, affideremo al mare una corona votiva in loro memoria.
Oggi guardo il nostro mare, bello, con una grande commozione e gratitudine, pensando al primo ottobre dello scorso anno, quando ho fatto l’ingresso in città e nella arcidiocesi, venendo via mare da Numana ad Ancona, sulla motovedetta della Guardia costiera che, in diverse missioni nel Mediterraneo, ha salvato tante vite umane.
Questa festa richiama le origini della nostra fede giunta dal mare, se pensiamo alla memoria di S. Stefano, il primo martire cristiano. Uno dei sassi con cui venne lapidato a Gerusalemme è giunto qui, via mare, e ora è conservato nel museo diocesano. La memoria di S. Stefano e Ancona vengono citati in un discorso di s. Agostino nel 421.
Sono trascorsi 1600 anni da quando, nel 418, è giunto ad Ancona, via mare, il corpo di S. Ciriaco patrono della città e della arcidiocesi, per interessamento di Galla Placidia figlia dell’imperatore Teodosio.
Nel 1615 un marinaio veneziano, vedendo il figlio salvato dalle onde, durante una burrasca, volle donare il quadro della Madonna Regina di tutti i Santi ad Ancona, ora custodito nella cattedrale, a cui il popolo anconetano è tanto devoto.
Nel 1219, Francesco d’Assisi, partì dal porto di Ancona per recarsi ad Akko, allora s. Giovanni d’Acri, per giungere poi a Damietta in Egitto e incontrare il sultano. Il prossimo anno ricorrono 800 anni da quell’evento che ha cambiato il corso della storia dell’umanità, facendo di Ancona la porta d’oriente, la via della pace. Sarà un anno che ci vedrà tutti impegnati perché questa ricorrenza sia portatrice di un nuovo umanesimo carico di speranze.
Il mare è vita. L’acqua, è l’elemento naturale più presente nel nostro pianeta, ed essenziale per la vita. Sorella acqua, semplice, umile, utile è simbolo di purezza, di candore, di limpidezza, con il suo fluire è principio di vita.
Dire mare è dire bellezza, dono del Creatore a tutti noi. Custodire ogni giorno questo bene inestimabile rappresenta per tutti una responsabilità ineludibile, una vera e propria sfida. Non possiamo permettere che tanta bellezza venga deturpata, non possiamo permettere che i mari si riempiano di distese inerti di plastica galleggiante.
Siamo chiamati ad usare e non abusare di questo grande bene e a custodirlo con sapiente operosità. Dal mare la nostra città trae energia e vita. Il mare, la riviera, la spiaggia sono fonte di lavoro per quanti sono impegnati nel settore della pesca e del turismo, luoghi di accoglienza e di ospitalità per quanti cercano momenti di riposo e di vacanza.
Dire mare è dire vacanza, riposo dalla fatica, dal lavoro e dalle preoccupazioni quotidiane; è dire ripresa di energie; è dire gioia. Dire mare è dire sport, nelle sue diverse forme. La vacanza non diventi mai esperienza degradante. Il rispetto dell’ospite, lo stile e la professionalità dell’accoglienza, nascono non da cortesia mercantile, ma dalla profonda consapevolezza che il turista, prima di essere occasione di lavoro e di guadagno, è persona, la cui dignità merita tutta la nostra considerazione.
Ci auguriamo che questo luogo, che richiama tante persone anche da altre località italiane e dall’estero, si distingua per essere un luogo in cui si vive, come ci dice Papa Francesco, una “ecologia integrale”: rispetto e salvaguardia della natura, ma anche rispetto e salvaguardia dei rapporti autenticamente umani, della fraternità: si tratta non solo di preservare dall’inquinamento fisico l’acqua del mare e la sua spiaggia, ma di fare in modo che questo ambiente sia luogo di incontro, di amicizia, di pacifica convivenza, di fraternità. Qui sentiamo parlare tante lingue, ci sono tante etnie, siano sempre più questi luoghi, luoghi della convivialità delle differenze, luoghi di pace. Restiamo inorriditi nel vedere che a volte, come capita nel Mediterraneo, quando non c’è rispetto per l’umanità, il mare diviene tomba per tanti esseri umani che fuggono dai loro paesi perché costretti dalla guerra, dalla fame, dalla persecuzione. I cuori aperti e generosi si fanno sempre prossimità.
Il Vangelo che abbiamo ascoltato in questa domenica ci parla della necessità di convertire il nostro cuore. Riportando le parole di Isaia: “Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me”(Is 29,13), Gesù invita a fare un discernimento e a distinguere tra la volontà di Dio espressa nella Legge e le tradizioni religiose, elaborazioni umane che rischiano di sostituirsi ad essa. La polemica di Gesù è costituita su di una coppia di contrari, dentro e fuori: «Non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro». Gesù benedice di nuovo le cose. Ogni cosa è pura fin da principio: il cielo, la terra, l’acqua, il mare, ogni erba e ogni cosa che nutre. Il creato è benedetto, il suo senso profondo è la santità. Unico spazio del male è il cuore dell’uomo. Gesù lancia dunque il programma di una ecologia del cuore perché: «Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male>>.
Per Gesù la vera religione inizia con il ritorno al cuore. Questo termine nella Bibbia ricorre novecento volte. Non come semplice simbolo dei sentimenti e dell’affettività, ma luogo dove si distingue e si ama la verità, dove nascono le azioni, dove si sceglie la vita o la morte, il luogo dove Dio parla, chiama, attira a sé. Dentro l’uomo c’è di tutto, radici di veleno e frutti di luce, grano buono e zizzania. Poniamoci una domanda: che cosa faccio uscire fuori dal mio cuore? E’ necessario coltivare se stessi e il cuore. Non far uscire dal tuo cuore impurità, furti, omicidi, adulteri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Non dare loro libertà, non permettere loro di abitare la terra. Vogliamo realizzare davvero un’opera di bonifica del cuore? Intraprendiamo una lotta senza quartiere alla nostra abitudine di scendere al pettegolezzo, a riferire critiche, a partecipare a mormorazioni contro persone assenti, a trinciare giudizi avventati. Questo è un veleno difficilissimo da neutralizzare, una volta diffuso.
Una volta una donna andò a confessarsi da S. Filippo Neri, accusandosi di aver sparlato di alcune persone. Il santo l’assolse, ma le diede una strana penitenza. Le disse di andare a casa, di prendere una gallina e di tornare da lui, spiumandola ben bene lungo la strada. Quando fu di nuovo davanti a lui, le disse: “Adesso torna a casa e raccogli una ad una le piume che hai lasciato cadere venendo qui”. “Impossibile!”, esclamò la donna. Il vento le ha certamente disperse ai quattro venti nel frattempo”. Ma qui l’aspettava S. Filippo. “Vedi – le disse – come è impossibile raccogliere le piume, una volta sparse al vento, così è impossibile ritirare mormorazioni e calunnie una volta che sono uscite dalla bocca”.
Il Vangelo di questa domenica ci invita a mandare segnali di vita buona attorno a noi e così il cuore non è lontano da Dio e dal prossimo.
La Regina di tutti i Santi, la Stella Maris, san Ciriaco ci proteggano e ci accompagnino nel nostro camino di santità. Buona Festa del mare a tutti. Amen”.
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