Per la prima volta l’Arcidiocesi di Ancona-Osimo ospiterà una famiglia che, arriverà ad Ancona tra marzo e aprile, attraverso i Corridoi Umanitari. La famiglia proviene da un campo profughi della Giordania e vivrà per un anno in un alloggio messo a disposizione dalla Caritas diocesana, nel Centro Giovanni Paolo II di via Podesti. In vista dell’imminente accoglienza di questa famiglia, il 16 gennaio presso il teatrino della parrocchia Ss. Cosma e Damiano, la Caritas ha proposto un incontro sul progetto dei Corridoi Umanitari (l’ingresso sicuro di famiglie in fuga da guerre, persecuzioni dai campi profughi in Africa e in Medio Oriente), con la partecipazione di Caterina Boca dell’Ufficio Immigrazione di Caritas Italiana.
«Per aiutare le persone in difficoltà – ha spiegato Mons. Angelo Spina, Arcivescovo metropolita di Ancona-Osimo – ci siamo chiesti cosa fare e sono nati dei progetti. Innanzitutto ci sono persone che oggi non riescono a fare la spesa e, dopo Ancona e Osimo, a Falconara nascerà l’emporio della solidarietà. Ma noi abbiamo anche uno spazio in via Podesti che si chiama Casa Gioia e abbiamo deciso di farlo diventare un luogo di accoglienza, seguendo le parole di Papa Francesco che ha parlato di “accogliere, proteggere, promuovere, integrare”, con prudenza e nella legalità. Questa diocesi così diventa il segno di una fede viva che si può toccare con le opere. Dobbiamo creare una rete di umanità, perché purtroppo noi oggi assistiamo a un tempo disumano e inumano. La fede invece ci dice che noi siamo figli di Dio e che siamo fratelli. Tutto quello che abbiamo fatto a uno di questi fratelli più piccoli, l’abbiamo fatto a Lui».
«Questo incontro rappresenta un’ottima opportunità per coinvolgere la comunità ecclesiale nella testimonianza della carità – ha detto Simone Breccia, direttore della Caritas diocesana – e per prepararci ad organizzare l’accoglienza di questa famiglia e l’accompagnamento verso l’autonomia. Organizzato insieme alla Pastorale Familiare, è anche il primo appuntamento della seconda edizione del ciclo di incontri intitolati “Io sono Pace”, un’occasione di confronto e sensibilizzazione della comunità su diverse tematiche inerenti la costruzione quotidiana della pace e la responsabilità individuale e comunitaria di ognuno».
«La Caritas da diversi anni, grande anche all’impegno della Cei, ha avviato una serie di progetti – ha spiegato Caterina Boca – e il più importante è quello dei Corridoi Umanitari, che ci consente di far arrivare le persone in Italia in maniera legale e sicura, rispettando la loro dignità. Dal 2015, da quando questo progetto è stato avviato, sono più di 2mila le persone che sono arrivate in Italia. Solitamente la nostra attività ha inizio già nei paesi di origine o nei paesi di transito, quindi il personale si reca in questi luoghi, conosce le persone con cui crea delle relazioni e c’è il confronto con le diocesi che sono disponibili ad accogliere. I beneficiari sono seguiti da famiglie tutor e c’è una grande collaborazione con i Ministeri. È un progetto interessante che mette in rete più realtà».
«Ad Ancona – ha spiegato Stefania Papa, referente dell’area immigrazione della Caritas diocesana – accoglieremo una famiglia, proveniente da un campo profughi della Giordania, per un anno. I primi passi dell’accoglienza riguarderanno l‘insegnamento della lingua italiana, l’inserimento dei bambini a scuola e la regolarizzazione dei documenti, dal permesso di soggiorno alle tessere sanitarie, in modo che possano iniziare una nuova vita nel nostro Paese. Poi ci saranno i passi successivi, ovvero la ricerca di un lavoro, l’integrazione anche a livello di formazione per apprendere nuove professionalità, la risposta ai bisogni della famiglia che essa stessa ci indicherà».
Durante la serata è stato anche presentato il progetto A.P.R.I. (accogliere-proteggere promuovere-integrare) che segue la positiva esperienza di Protetto. Rifugiato a casa mia e prevede l’inserimento in famiglia di persone già presenti sul territorio, che hanno già beneficiato di una prima fase di accoglienza. «Con il progetto A.P.R.I. – ha detto Stefania Papa – i beneficiari verranno accolti direttamente dalle famiglie o dalle parrocchie per un periodo di sei mesi, non in una struttura messa a disposizione dalla Caritas. Si tratta di persone conosciute perché magari hanno già beneficiato di altre tipologie di accoglienza, come ad esempio il Siproimi, ex sistema Sprar. Anche in questo caso ci saranno famiglie tutor che accompagneranno le persone accolte».
Fotogallery