“Il contagio della Risurrezione” è l’espressione che ha usato Papa Francesco il giorno di Pasqua, ad indicare la direzione dove volgerci. Leggiamo nel Vangelo che Maria di Magdala, dopo aver dato l’allarme sulla sparizione del corpo di Gesù, piange con lo sguardo fisso sul sepolcro vuoto. Quando Gesù la chiama, lei non lo riconosce, lo scambia per il giardiniere. É solo quando si sente chiamata per nome che si volge verso di lui. Il suo sguardo passa allora dal sepolcro, segno di morte, a Gesù, vivo, risorto. Anche noi siamo chiamati ogni giorno a fare una scelta, da che parte voltarci? Avere nostalgia del sepolcro bagnato dalle nostre lacrime o cambiare direzione per scommettere sulla vita, per la risurrezione?
Padre Raniero Cantalamessa, nell’omelia pronunciata in san Pietro il venerdì santo 2020, diceva: «La pandemia del Coronavirus ci ha bruscamente risvegliati dal pericolo maggiore che hanno sempre corso gli individui e l’umanità, quello dell’illusione di onnipotenza. Abbiamo l’occasione – ha scritto un noto Rabbino ebreo – di celebrare quest’anno uno speciale esodo pasquale, quello “dall’esilio della coscienza”. È bastato il più piccolo e informe elemento della natura, un virus, a ricordarci che siamo mortali, che la potenza militare e la tecnologia non bastano a salvarci. “L’uomo nella prosperità non comprende –dice un salmo della Bibbia -, è come gli animali che periscono” (Sal 49, 21). Quanta verità in queste parole!… L’altro frutto positivo della presente crisi sanitaria è il sentimento di solidarietà. Quando mai, a nostra memoria, gli uomini di tutte le nazioni si sono sentiti così uniti, così uguali, così poco litigiosi, come in questo momento di dolore? Mai come ora abbiamo sentito la verità di quel grido di un nostro poeta: “Uomini, pace! Sulla prona terra troppo è il mistero”. Ci siamo dimenticati dei muri da costruire. Il virus non conosce frontiere. In un attimo ha abbattuto tutte le barriere e le distinzioni: di razza, di religione, di ricchezza, di potere. Non dobbiamo tornare indietro, quando sarà passato questo momento. Come ci ha esortato il Santo Padre, non dobbiamo sciupare questa occasione. Non facciamo che tanto dolore, tanti morti, tanto eroico impegno da parte degli operatori sanitari sia stato invano. È questa la “recessione” che dobbiamo temere di più».
Come Maria Maddalena ci troviamo davanti a due realtà. Di morte: il sepolcro, e di vita: il Risorto. Se sceglieremo il Risorto la nostra scommessa sarà per la vita, se invece rimarremo fissi a guardare il sepolcro sarà un ritorno a guardare il dio denaro che genera guerre, schiavitù, miseria, fame. È necessaria una conversione, un nuovo umanesimo, un nuovo sguardo che mette al centro l’uomo e non i soldi, i poveri e non il loro sfruttamento, i popoli e non chi vuole opprimerli. “Nulla sarà come prima”, è una delle frasi che si sentono ripetere più spesso in questi giorni. Ci troviamo di fronte a un terribile bivio non solo per ciascuno di noi singolarmente, ma per l’intera umanità. “Dopo tre giorni risorgerò”, aveva predetto Gesù (cf. Mt 9,31). Anche noi, dopo questi giorni che speriamo brevi, risorgeremo e usciremo dai sepolcri che sono ora le nostre case. Non per tornare alla vita di prima come Lazzaro, ma per una vita nuova, come Gesù. É necessario allora, come ci ha detto il Papa, “il contagio della risurrezione che si trasmette da cuore a cuore, perché ogni cuore umano attende questa buona notizia” per una vita più umana, più fraterna, più cristiana.
+Angelo, Arcivescovo