Dopo tanta attesa, si riparte venerdì 4 giugno con questa bellissima iniziativa nazionale: La lunga notte delle chiese.
“Arte e Fragilità”
Anche l’arte vuol dire prendersi cura, non solo della fragilità di opere e monumenti, ma anche dell’anima. Perché l’incontro con la bellezza è sempre una cura per l’anima. Non per niente colui che lavora a stretto contatto con la bellezza si definisce curatore d’arte.
Da una parte curiamo la bellezza e dall’altra la bellezza cura noi. In generale l’arte ci si presenta come espressione di un concetto, di un’idea, di un sentimento e quindi di una parte dell’artista. L’artista stesso include nell’opera il suo essere umano e fotografa in un momento una sensazione che per quanto siano finiti i sostegni su cui la produce continua a nascere negli occhi di chi la guarda.
Curare un’opera è curarsi anche di ciò che esprime e che potrà suscitare in chi la osserva. Così come Umberto Eco diceva del libro, cioè che è compito del lettore completarlo e riempirne gli spazi vuoti, così possiamo dire che l’arte, che come la letteratura è un linguaggio, ha bisogno di sguardi per vivere.
Le mascherine possono bloccare i sorrisi e a volte le parole ma non gli occhi che continuano a guardare l’arte e di conseguenza il prossimo: com’è bello guardarsi negli occhi dopo esserseli riempiti di sculture e architetture? Si crea una linea di comunicazione che apre ad un nuovo dialogo, ad una vicinanza che prima non c’era, frutto di un’esperienza comune.