Quanto avvenuto a Civitanova Marche, dove Alika Ogorchuwku, nigeriano, è stato aggredito con assurda violenza e ucciso, ha lascito tutti sconvolti e addolorati. La nostra Chiesa diocesana di Ancona-Osimo esprime il cordoglio ed eleva preghiera per il trentanovenne ucciso, sposato e padre di un bambino. Di fronte all’orrore di tanta inaudita violenza ci si deve interrogare, ma soprattutto di fronte all’indifferenza dei presenti che non sono intervenuti. <<Dov’è Abele, tuo fratello?>> chiese Dio a Caino che aveva ucciso suo fratello. Si sentì rispondere:<<Non lo so. Sono forse io il custode di mio fratello?>>. Scena che si ripete ai nostri giorni, marcata dalla corposa indifferenza. L’intolleranza e spesso l’odio avanzano in una società che fa finta di non vedere, di voltarsi dall’altra parte. E’ quanto non ci appartiene e non deve appartenerci mai per il senso profondo di umanità radicato nella nostra società civile, nella nostra cultura e nella forza del Vangelo. Ogni vita è sacra, va rispettata, custodita e protetta. Il Vangelo insegna a prenderci cura gli uni degli altri e a non usare mai la violenza contro nessuno, nemmeno con le parole. Lo scambio di pace durante la celebrazione della S. Messa vuole essere l’impegno a costruire ogni giorno reti di fraternità e ad andare in pace per riconoscere in ogni essere umano l’immagine di Dio, e a proclamare che, ogni uomo, ogni donna è nostro fratello e sorella. Il Vangelo non può venire rovesciato e quando come comunità civile e cristiana non reagiamo è segno che siamo spenti e abbiamo perso l’umano. Il grido di un fratello ucciso interpella tutti, nessuno escluso. Quanto avvenuto a Civitanova Marche ci addolora profondamente e scuote le nostre coscienze e ci spinge a interrogarci sulle comuni responsabilità e sul compito della Chiesa nell’edificare una pacifica e solidale convivenza.
+Angelo arcivescovo