Pomeriggio di gioia e festa al PalaBaldinelli di Osimo per i ragazzi che si stanno preparando a ricevere la cresima, con canti, giochi e testimonianze. Martedì 11 aprile i cresimandi provenienti da tutte le parrocchie della diocesi, insieme all’Arcivescovo, ai genitori e ai catechisti, hanno vissuto un bellissimo incontro animato dalla Pastorale giovanile, durante il quale si sono divertiti, hanno pregato e ascoltato alcune storie, come quella di Olena, una signora ucraina fuggita dalla guerra e ospitata ad Osimo in alcuni locali gestiti dalla Caritas, e di Antonia Salzano che ha raccontato l’incredibile storia di suo figlio, il beato Carlo Acutis. Tanti anche i momenti con musica e canti, proposti dai giovani della PG, ma anche di riflessione sul catechismo, con due giovani catechiste che hanno raccontato perché subito dopo la cresima hanno deciso di accompagnare i giovani ai sacramenti. Le due ragazze, insieme ad un altro catechista adulto, hanno spiegato che organizzano incontri divertenti, con giochi e canzoni, in cui cercano di trasmettere gli insegnamenti di Gesù, in modo che il Vangelo possa parlare alla vita dei ragazzi. All’incontro era presente anche il sindaco Simone Pugnaloni che, all’inizio, ha salutato i giovani e ha augurato loro di fare tesoro delle testimonianze ascoltate, per un cammino di fede che li accompagni per tutta la vita.
Il momento centrale del pomeriggio è stata la testimonianza della mamma del beato Carlo Acutis, un ragazzo morto a 15 anni per una leucemia fulminante. Un giovane normale come la maggior parte dei suoi coetanei, ma che viveva una profonda amicizia con Gesù. “Essere sempre unito a Gesù, questo è il mio programma di vita”, scriveva quando aveva solo sette anni. La sua devozione, rivolta in particolare all’Eucaristia (che chiamava «La mia autostrada per il Cielo») e alla Madonna, lo portava quotidianamente a partecipare alla messa e a recitare il rosario, che per lui era la scala più corta per salire in cielo. Famosa è la sua frase: “Tutti nascono originali, ma molti muoiono come fotocopie”.
Antonia Salzano ha detto ai ragazzi che i «santi non sono distanti da noi, irraggiungibili. Carlo è stato proclamato beato, ma tutti siamo chiamati alla santità. Anche voi potete diventare santi come Carlo Acutis. Mio figlio diceva che il tempo non va sciupato in cose che non piacciono a Dio. Carlo, vostro coetaneo, ha spalancato la porta del suo cuore a Cristo. Quando apriamo la porta del cuore a Dio e lo seguiamo, la nostra vita ordinaria diventa straordinaria». Antonia ha quindi invitato i giovani a vivere il comandamento dell’amore, ad «amare Dio sopra ogni cosa e ad amare il prossimo come se stessi. La Chiesa dichiara qualcuno santo quando ha vissuto eroicamente le virtù cristiane. La virtù è un’attitudine stabile della volontà al bene. È quindi importante nella nostra vita amare Dio e il prossimo. Tutti possiamo amare e aiutare gli altri, interessarci al prossimo. Carlo diceva che la vita è dono di Dio e che ogni minuto che passa è un minuto in meno che abbiamo per santificarci. Vivere le virtù significa non fare più peccati veniali. Carlo si confessava ogni settimana e si metteva i voti, ad esempio su come si era comportato con gli amici». La mamma di Carlo Acutis ha quindi raccontato che il figlio «aiutava i poveri e i clochard di Milano e difendeva i ragazzi vittime di bullismo. Faceva piccoli atti di carità ogni giorno». Inoltre ha detto che Carlo giocava alla playstation «al massimo un’ora alla settimana, perché si era reso conto che l’utilizzo dei videogiochi creava dipendenza e voleva utilizzare il suo tempo per fare opere di bene».
Tanti gli episodi raccontati dalla madre, in particolare l’amore di suo figlio per l’Eucaristia che lo ha portato ad ideare una mostra sui miracoli eucaristici nel mondo: «Carlo si domandava: perché gli uomini si preoccupano tanto delle bellezza del proprio corpo e non della bellezza della propria anima? Carlo tutti i giorni partecipava alla messa e faceva l’adorazione eucaristica. Ricevendo ogni giorno Gesù che si dona a noi nell’Eucaristia, ha imparato a donarsi agli altri. L’eucaristia è fonte dell’amore e ci aiuta ad amare Dio e il prossimo, a vincere le tentazioni e a migliorarci. Ecco perché Carlo ideò e organizzò una mostra sui miracoli eucaristici nel mondo, che è ospitata nelle parrocchie che ne fanno richiesta ed è presente anche online. Questa mostra ha fatto tappa in tutti i cinque continenti».
Durante l’incontro, Antonia ha anche raccontato come suo figlio ha affrontato la sofferenza e la malattia. Nel 2006, all’età di 15 anni, venne infatti improvvisamente colpito da una leucemia fulminante, a causa della quale morì il 12 ottobre. «Carlo non aveva paura della morte che per lui era il passaggio alla vera vita. Chi teme la morte non ha fede. Dobbiamo temere solo il peccato. Carlo aveva capito che la cosa più importante è la fede, perché senza la fede questa vita non ha senso. Alla luce della fede anche la sofferenza acquista un senso». La mamma di Carlo, ha poi invitato i cresimandi a domandarsi cosa desiderano. «Carlo diceva che essere sempre unito a Gesù era il suo programma di vita. Se il nostro desiderio non è orientato verso Dio, saremo sempre insoddisfatti. Perché spesso siamo infelici? Perché tutte le cose del mondo passano, solo Dio dona la felicità vera. Carlo diceva che la tristezza è lo sguardo rivolto verso se stessi, la felicità è lo sguardo rivolto verso Dio».
Al termine dell’incontro Mons. Angelo Spina ha suonato la chitarra e ha cantato con i cresimandi la canzone “Io ho un amico che mi ama”, dopodiché ha condiviso cinque parole con i ragazzi: Kyrie eleison, Allelua, Amen, amicizia e sorriso. «Kyrie eleison significa Signore pietà – ha spiegato – Gesù ci perdona sempre. L’Alleluia ci invita a lodare Dio e con l’Amen diciamo il nostro “sì” a Gesù. Oggi è stata una giornata di festa e tornate a casa con il sorriso perché Gesù vi ama e avete vissuto un pomeriggio insieme ai vostri amici». Dopo aver invocato lo Spirito Santo, Mons. Angelo Spina ha impartito la benedizione ai giovani.
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