Inizia oggi il triduo in preparazione alla solennità di San Ciriaco, vescovo e martire, patrono dell’Arcidiocesi di Ancona-Osimo e della città di Ancona (Triduo San Ciriaco). Con questo video scopriamo insieme la storia di San Ciriaco.
MESSAGGIO DELL’ARCIVESCOVO ANGELO SPINA, IN OCCASIONE DELLA FESTA DEL PATRONO SAN CIRIACO
La festa di San Ciriaco porta con sé tutto il profumo della primavera, soprattutto in questo tempo di ripresa dopo la pandemia. Nella basilica cattedrale di Ancona sono custodite le sacre spoglie del santo. La storia ci ha tramandato che fu lui a svelare alla regina Elena, madre dell’imperatore Costantino, dove era la vera croce di Cristo. Il suo corpo donato alla città di Ancona da Galla Placidia, figlia dell’imperatore Teodosio, milleseicento anni fa, è venerato da tanti fedeli che vedono in lui l’uomo della croce che prima la fa ritrovare, poi l’abbraccia convertendosi e facendosi battezzare, e poi la testimonia con il martirio. San Ciriaco ci invita a guardare e ad abbracciare la croce di Cristo, segno di salvezza da cui sgorga la vera pace. Sulla croce, con la morte disarmata e perdonante, Cristo non solo proclama che la via della violenza non è la sua via, ma con l’immolazione volontaria di se stesso, realizza e manifesta un amore immenso e inesauribile. Non c’è un amore più grande di questo. La croce è fatta di due assi: una verticale e una orizzontale, non possono essere disgiunte e separate, camminano insieme perché procedono da una fonte comune: l’amore. L’amore è, dunque, un unico fuoco con due fiamme inseparabili, l’una che si protende verso Dio, l’altra verso il prossimo, vivente immagine di Dio. Non si può sviluppare la prima senza che correlativamente e contemporaneamente non si sviluppi anche la seconda, e così tutto il fuoco cresca.
Non possiamo assolutamente prescindere dall’aspetto verticale della Parola di Dio. Il Vangelo non è in primo luogo un messaggio sociale, ma è anzitutto l’annuncio della nostra liberazione dal peccato e dalla morte, mediante la nostra inserzione in Cristo che ci rende compartecipi della vita di Dio e fa di tutti i credenti un solo corpo e un solo spirito in Lui. Ma d’altra parte il Vangelo esige chiaramente, imprescindibilmente anche l’altra dimensione della croce, quella degli autentici valori sociali, e ce ne impone la predicazione. Dobbiamo, dunque, predicare che il cristiano non può isolarsi in un egoistico godimento dei suoi beni spirituali ed economici, disinteressandosi delle drammatiche condizioni di chi, vicino o lontano, dentro o fuori della Chiesa, è oppresso e soffre per la miseria, la malattia, l’ingiustizia, la disoccupazione o la sottoccupazione, la mancanza d’istruzione umana e religiosa. Diremo a ogni cristiano che è suo dovere impegnarsi, secondo le proprie possibilità, nella costruzione della città temporale, portandovi il suo valido contributo, anzi ispirandovi un’animazione cristiana, perché solo se cristianamente ispirate le realtà terrestri offriranno, con la migliore garanzia di successo, quelle condizioni di giustizia, di libertà e di fraternità che sommamente giovano alla crescita integrale della persona umana.
Ci ha ricordato di recente Papa Francesco: «Oggi, cari fratelli e sorelle, ci sono tanti “cristi abbandonati”. Ci sono popoli interi sfruttati e lasciati a sé stessi; ci sono poveri che vivono agli incroci delle nostre strade e di cui non abbiamo il coraggio di incrociare lo sguardo; ci sono migranti che non sono più volti ma numeri; ci sono detenuti rifiutati, persone catalogate come problema. Ma ci sono anche tanti cristi abbandonati invisibili, nascosti, che vengono scartati coi guanti bianchi: bambini non nati, anziani lasciati soli, ammalati non visitati, disabili ignorati, giovani che sentono un grande vuoto dentro senza che alcuno ascolti davvero il loro grido di dolore. Gli abbandonati di oggi. I cristi di oggi». (Papa Francesco, omelia Domenica delle Palme 2 aprile 2023). La testimonianza che oggi ci viene richiesta è la compassione verso tutti, specialmente verso coloro che sono segnati dalla povertà, dalla malattia e dal dolore. Compassione che vuol dire “patire con”. Abbiamo bisogno di una Chiesa che parli fluentemente il linguaggio della carità, idioma universale che tutti ascoltano e comprendono, anche i più lontani, anche coloro che non credono.
Ho letto su un giornale locale del 9 aprile 2023 queste parole: “Vigilia di Pasqua da dimenticare per un somalo di 30 anni circa, che non sapendo dove andare a dormire, per trovare un po’ di riparo dalle temperature rigide di queste notti ha allestito un giaciglio di fortuna nell’androne di un condominio ad Ancona. Un residente ha raggiunto il somalo che stava dormendo avvolto in una coperta e ha iniziato a prenderlo a calci sul costato”. Nello stesso articolo si sottolineava che, successivamente, è stato incontrato da altre persone che si sono prese cura di lui portandogli qualcosa da mangiare e dandogli uno spazio per dormire. Una notizia che ci riporta alla croce di Cristo, di fronte alla quale non possiamo rimanere “laici indifferenti”, ma prendere posizione. Ne vale la nostra salvezza.
Sia questa città di Ancona, città di storia, di cultura, di beati, città viva, porta di Oriente, via della pace, attenta alle nuove povertà, alcune, purtroppo, di carattere strutturale. Tante famiglie non hanno il minimo necessario in termini di beni e di servizi per vivere dignitosamente: cibo, casa, utenze domestiche, lavoro, sanità. La politica nasce dalla città, dalla polis, dalla passione concreta per il vivere insieme garantendo diritti e rispettando doveri. Ci sia l’impegno di tutti a promuovere una ecologia ambientale: custodiamo il nostro mare. Questa città ha una particolarità: vede sorgere il sole dal mare e tramontare sul mare. Promuoviamo ogni giorno una ecologia umana con l’apertura agli altri, facendo accoglienza, prendendoci cura gli uni degli altri. Le benemerenze che vengono conferite a tanti cittadini, che si sono spesi per una città solidale, sono il segno di una grande ricchezza umana e di futura speranza. San Ciriaco ancora una volta ci invita a guardare la croce di Cristo salvatore, da cui attingere forza e speranza per un autentico umanesimo.