Corpus Domini ad Ancona. L’Eucaristia ci chiama al primato di Dio e all’amore dei fratelli.

Giovedì 30 maggio si è celebrata ad Ancona la solennità del Corpus Domini, con la processione. Un augurio, un richiamo, un desiderio. “Che la nostra vita diventi pane che sfama i fratelli” non sono semplici parole. E’ l’augurio del cuore che l’Arcivescovo Angelo Spina ha rivolto a tutti i partecipanti alla celebrazione eucaristica per la festa del Corpus Domini. Nella cattedrale di San Ciriaco, gremita di fedeli, Monsignor Spina ha colto l’occasione per una riflessione profonda sul nostro tempo e sulla nostra società “in questo tempo di chiusura, individualismo, egoismo, interroghiamoci sulla qualità delle nostre relazioni sociali… l’Eucarestia ci fa fratelli e sorelle! Il pane di Gesù, l’Eucarestia sprigionerà in noi l’amore, a partire da casa nostra, dai luoghi in cui viviamo la nostra quotidianità”. E poi il desiderio di ritornare a vedere le comunità parrocchiali in piena comunione perché “l’Eucarestia ci fa un sol corpo! L’Eucarestia ci dona un duplice frutto: la comunione e la comunità”. Un augurio, un richiamo, un desiderio. Assieme a tanta gioia.

Dopo l’omelia l’Arcivescovo ha conferito il ministero del lettorato a Lorenzo e  il ministero dell’accolitato a Marco, Umberto, Venanzio, , Marco e Giovanni. A tanti fratelli e sorelle ha dato il mandato di nuovi ministri straordinari della Comunione. Tanta commozione nei presenti. Mandati, inviati nel mondo a portare il Vangelo,  l’Eucarestia, il Pane di vita ai malati, agli anziani, a tutti coloro sono desiderosi di riceverlo.

E con la stessa gioia “Il Signore attraversa le nostre strade per benedire e darci coraggio!” così si esprime l’arcivescovo Angelo prima di incamminarsi in processione fino alla chiesa di San Domenico, animata dalla presenza di tanti fedeli, dalle Aggregazioni ecclesiali, dai movimenti e dalle Confraternite. “E’ Gesù che cammina con noi nella nostra città!”.

Nella chiesa di S. Domenico, dopo il momento di adorazione è seguita la benedizione Eucaristica.

Di seguito viene riportata l’omelia dell’Arcivescovo:<<E’ a tutti evidente che la vita di ogni essere umano, dalla nascita alla morte, necessita di essere alimentata. Mangiare è una necessità. Di fronte alla fame delle persone, al cibo per il corpo, Gesù non rimane indifferente. A Tabga, mentre gli apostoli volevano rimandare a casa  la folla, Gesù dice:<<Dategli voi stessi da mangiare>>. Ci sono solo cinque pani e due pesci è impossibile sfamare con il poco che si ha le migliaia di persone. Avendo ricevuto i pochi pani e i due pesci Gesù opera il miracolo e la folla viene sfamata.

Ma l’uomo non ha bisogno solo di cibo per saziare il corpo, ha bisogno di cibo per la mente. A Cafarnao, Gesù dice apertamente alle persone che avevano mangiato i pani e si erano saziati, che lui è il pane della vita eterna e chi mangia la sua carne e beve il suo sangue ha la vita eterna. Parole che generano sconcerto:<<Come può costui darci la sua carne da mangiare?>>. Le persone se ne vanno, abbandonano Gesù, e Lui agli apostoli pone la domanda:<<Volente andarvene anche voi?>>. Pietro risponde:<<Signore, da chi andremo, tu solo hai parole di vita eterna>>. La professione di fede di Pietro, limpida e profonda, fa capire che solo Gesù ha parole di vita che possono nutrire la nostra mente e dare senso alla nostra vita.

Ma Gesù non si ferma solo a nutrire il nostro corpo, la nostra mente, ma vuole che venga nutrita la nostra anima e, nell’ultima cena, dona il Suo corpo e il Suo sangue per la salvezza di tutti. Gesù vuole saziare la nostra fame e sete di vita e lo fa dandosi come cibo di vita eterna.

L’Eucaristia è per eccellenza il Pane dell’amore. È Cristo che si offre e si spezza per noi e ci chiede di fare altrettanto, perché la nostra vita diventi pane che sfama i fratelli. L’Eucaristia ci chiama al primato di Dio e all’amore dei fratelli.

Il nostro tempo, è caratterizzato dall’illusione dell’individualismo, cioè  di essere padroni e arbitri insindacabili della propria esistenza. E’ diventata comune questa espressione: “La vita è mia e ne faccio quello che voglio io”.

Gesù apre la nostra vita ad orizzonti nuovi, offre la visione più realistica:  quella di vivere una vita ricevuta, siamo vivi perché chiamati alla vita dalla promessa della comunione con il Padre tramite la partecipazione alla vita di Gesù. Seguire Gesù, dimorare in Gesù, conformarci a Gesù è la condizione per vivere. Senza di lui non possiamo fare niente. Il Pane di Gesù, l’Eucaristia, se l’accogliamo col cuore, sprigionerà in noi la forza dell’amore: ci sentiremo benedetti e amati, e vorremo benedire e amare, a cominciare da casa nostra e nei luoghi dove viviamo.

Nell’Eucaristia, Cristo è colui che vive per sempre, si rende presente e noi entriamo in comunione con lui nello Spirito Santo. Il Risorto ci offre e ci dona ciò che egli è: la sua Parola, il suo Corpo e il suo Sangue, in breve la sua persona e la sua vita. Persona e vita del Figlio che ha riconciliato in sé tutte le cose e ha innalzato il nostro essere alla pienezza di Dio.

L’Eucaristia è guarigione per il mondo ferito nella fraternità. Laddove il peccato ci ha posti in un rapporto di opposizione e rivalità, di chiusura narcisista, individualista ed egoista, l’Eucaristia ci fa sedere alla stessa mensa del Corpo e del Sangue di Cristo come figli dello stesso Padre e quindi fratelli e sorelle gli uni gli altri. Per questo dopo la consacrazione la preghiera eucaristica della Riconciliazione I recita:<<Guarda con benevolenza, Padre clementissimo, coloro che ricongiungi a te nel sacrificio del tuo Figlio, e fà che, partecipando all’unico pane e all’unico calice, per la potenza dello Spirito Santo, siano riuniti in Cristo in un solo corpo, che non conosca divisione e discordia>>.

Nel Pane preso e mangiato c’è un duplice frutto: il primo la comunione-dono con Cristo, il secondo, la comunità tra quanti si nutrono di lui. La Chiesa fa l’Eucaristia, ma è più fondamentale che l’Eucaristia fa la Chiesa e le permette di essere la sua missione, prima ancora di compierla. Questo è il mistero della comunione: ricevere Gesù perché ci trasformi da dentro, e ricevere Gesù perché faccia di noi l’unità e non la divisione. Il primo effetto, diciamo, è mistico o spirituale. Il secondo effetto è quello comunitario: «Poiché vi è un solo pane – ci ricordava san Paolo nella Seconda Lettura – noi siamo, benché molti, un solo corpo» (1Cor 10,17). Si tratta della comunione reciproca di quanti partecipano all’Eucaristia. Siamo comunità, tutti nutriti dal Corpo e dal Sangue di Cristo. Non si partecipa all’Eucaristia senza impegnarsi in una fraternità vicendevole e sincera.

È necessario che ci interroghiamo sulla qualità delle nostre relazioni sociali, sulle nostre responsabilità educative, sull’accoglienza della vita nascente e anche nei momenti della sua fragilità.  È importante per i fedeli una ripresa della partecipazione alla Messa domenicale.

È indispensabile per noi sacerdoti fare della celebrazione eucaristica il centro della nostra vita.

Oggi, con la processione del Corpus Domini, il Signore viene sulle nostre strade per dire-bene, benedire noi e per darci coraggio. San Giovanni Paolo II, ai giovani della GMG, a Tor Vergata nel 2000, disse:<<In realtà è Gesù che cercate quando sognate la felicità; è Lui che vi aspetta quando niente vi soddisfa di quello che trovate; è Lui la bellezza che tanto vi attrae; è Lui che vi provoca con quella sete di radicalità che non vi permette di adattarvi al compromesso; è Lui che vi spinge a deporre le maschere che rendono falsa la vita; è Lui che vi legge nel cuore le decisioni più vere che altri vorrebbero soffocare>>. È lui quel cibo attraverso il quale entriamo in comunione piena con lui, che ci fa vivere in eterno, che ci strappa  dalla nostra mortalità e caducità e che ci inserisce nel mistero della vita divina. È lui il “pane” in grado di saziare ogni fame del nostro cuore: <<chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!>> (Gv 6,35).

La processione del Corpus Domini terminerà nella chiesa di S. Domenico. Sono trascorsi 750 anni dalla morte di San Tommaso D’Aquino lui che ha scritto il Tantum ergo:

<<Un così grande Sacramento veneriamo, profondamente e il vecchio rito ceda il passo nuovo.

La fede supplisca all’insufficienza dei sensi. Al Padre ed al Figlio (da lui generato) sia lode e giubilo, salvezza, onore, virtù e benedizione. Allo Spirito santo (che procede da entrambi)

sia rivolta pari lode. Amen>>

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