I coristi, i musicisti e i direttori attivi nel servizio musicale liturgico hanno partecipato alla terza edizione del laboratorio corale “Tante voci, un solo spirito”, organizzato sabato 22 febbraio dall’Ufficio e dalla Consulta di Musica Sacra e dall’Ufficio Liturgia e Ministeri Istituiti. La mattina è stata dedicata alla formazione, mentre il pomeriggio alle prove e alla Santa Messa con i brani del laboratorio.
Quest’anno il laboratorio è stato condotto dal Rinnovamento nello Spirito Santo. Luciana Leone (direttore artistico produzioni musicali RnS), Amalia Visconti (delegata regionale musica e canto Emilia Romagna RnS), Emanuele Di Bella (direttore d’orchestra RnS) e Matteo Caramanico (delegato nazionale servizio naz. musica e canto RnS) sono stati accolti la mattina al Centro pastorale diocesano e hanno tenuto un incontro di formazione. Partendo dall’esperienza nel RnS, hanno parlato di musica cristiana e musica liturgica e delle prassi esecutive del repertorio liturgico musicale, hanno approfondito il ministero dell’animatore musicale e spiegato che è «importante custodire una relazione intima e personale con Dio per poter esprimere con il ministero di musica e canto quella Parola, di cui per primi noi siamo destinatari. L’animatore musicale, con la musica e il canto, è un ponte tra il cielo e la terra. È un ministero che deve rendere visibile l’invisibile».
La seconda parte del laboratorio si è tenuta nella Cattedrale di San Ciriaco, con le prove a sezioni, le prove d’insieme coro e orchestra e la Santa Messa conclusiva, durante la quale i coristi e gli strumentisti hanno eseguito i brani del laboratorio: l’inno del Giubileo e i canti del RnS “Alleluia al Redentore”, “Il nostro cuore offriamo a te”, “Agnello di Dio”, “Inno alla carità”, “Con questo pane, con questo vino”, “Re dei re”. Mons. Angelo Spina ha ringraziato i membri del RnS, gli organizzatori e il direttore dell’Ufficio diocesano di Musica Sacra Tullio Andrioli, e ha sottolineato che «sarebbe bello se tutte le domeniche le nostre comunità fossero animate con il canto, la musica e la lode. Il protagonista è Gesù, a cui rendere grazie. Il Signore ricompenserà la vostra disponibilità e il vostro impegno donandovi un animo lieto e grato».
L’Arcivescovo ha anche commentato il Vangelo (Lc 6,27-38), in cui Gesù invita ad amare i nemici, e ha sottolineato che «in questo passo risuona martellante il verbo “amare”. La parola amore viene continuamente ripetuta nelle canzoni, nelle prediche, nelle riviste, nei salotti televisivi. Ma cosa vuol dire questa parola? Scriveva Sant’Agostino: “L’amore non è altro che la vita. Quindi se vuoi vivere, ama. Se ami sei bello. Se questa bellezza ti manca, allora tu non vivi, hai solo l’apparenza della vita, ma non vivi dentro di te”. Quando uno ama sprigiona da sé quasi una luce e vive le sue ore come fossero frammento di eternità. L’invito che Gesù rivolge non è solo amare, ma amare i nemici, non tanto per rispondere ad un amore, ma per anticiparlo. Ma come si fa ad amare i nemici? L’istinto si ribella. Il padre della moderna psicoanalisi, Freud, ha scritto: «È impossibile amare i nemici». Gesù dice il contrario, perché nulla è impossibile a Dio. Se tutti amassero i loro nemici, non ci sarebbero più nemici sulla terra.
Gesù invita a porgere l’altra guancia. Questo significa: abbassa le difese, sii disarmato, non incutere paura, mostra che non hai nulla da difendere, neppure te stesso e l’altro capirà l’assurdo di esserti nemico. Porgere l’altra guancia non è la passività di chi non sa reagire, ma una precisa iniziativa: non chiudere, riallacciare le relazioni, fare il primo passo, perdonare senza aspettarsi di essere riamato. La violenza produce violenza, come una catena infinita. Gesù dice di superarla. È così che ci si libera. Tutto il Vangelo è qui: amatevi, altrimenti vi distruggerete. Cosa possono allora significare gli imperativi di Gesù: amate, pregate, porgete, prestate? Non sono ordini, ma ciò che Dio dona all’uomo. Se siamo figli del Padre celeste, che fa sorgere il sole sopra i buoni e i cattivi allora da figli siamo chiamati ad essere come il Padre. È amando i nemici, è perdonando che con la nostra vita riveliamo che Dio è amore. Sì, l’amore per il nemico, ciò che sembra impossibile per l’uomo, attraverso Gesù Cristo è diventato possibile: è vivendo come Lui che possiamo manifestare la differenza cristiana in mezzo agli uomini, tutti nostri fratelli, tutti amati da Dio in Gesù Cristo».
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