2017/04/23: Beati quelli che non hanno visto ma hanno creduto

Arcivescovo Edoardo Menichelli

Arcivescovo Edoardo Menichelli


II DOMENICA DI PASQUA O DELLA DIVINA MISERICORDIA
Solenne Celebrazione eucaristica nel 50° della morte di P. Guido Costantini
(At 2, 42-47; Sal 117; 1Pt 1,3-9; Gv 20,19-31)
CATTEDRALE S. CIRIACO – Ancona
Carissimi, questa è una celebrazione di gratitudine e vorrei anche che fosse una celebrazione di memoria viva, di preghiera e vorrei anche un’intenzione comune di preghiera per le suore missionarie francescane di Padre Guido, sono infatti rimaste poche, come del resto anche altre comunità religiose, e desidererei  tanto che il Signore ispirasse qualche persona a seguire questo carisma, ad accogliere la chiamata per seguire i poveri.
Abbiamo davanti la Parola di Dio e questa ci presenta oggi tante spirituali sollecitazioni e che vorrei intrecciare con la memoria di Padre Guido e con la sua opera.
Sapete che S. Giovanni Paolo II alcuni anni fa, quando ancora esercitava il ministero petrino, indicò questa domenica successiva alla S. Pasqua come domenica della Misericordia.
A me pare che questa indicazione, questo è il mio primo pensiero che vi offro, e questa sollecitazione di essere la domenica della Misericordia possano essere ben collegate alla Parola di Dio e alla memoria  e all’opera di P. Guido.
Che cosa è la Misericordia? E’ un atto d’amore!
E’ un atto di amore che Dio dà a noi, e che ognuno di noi può e deve dare agli altri.
L’opera di Padre Guido è un’opera di Misericordia, una grande intuizione in tempi difficili, in tempi dove la povertà era per tutti oggettiva, in un momento di un grande sconvolgimento sociale, dove la povertà fece da collante per tutte le categorie sociali, sia per quelle che avevano maggiormente bisogno, sia per quelle che ne avevano meno: c’era una solidarietà sociale nata da una grande intuizione di Padre Guido.
In questa misericordia sociale c’era al centro il povero.
Nel nostro Museo diocesano è esposta un’opera di un autore per me e per molti assolutamente ignoto: Olivuccio di Ciccarello, è una tavoletta che i Musei Vaticani ci hanno prestato perché nel tempo della Misericordia dello scorso anno ognuno potesse ammirarla.
E’ una tavoletta molto semplice e quando l’ho vista sono stato incuriosito da un fatto, erano rappresentate tutte le opere di misericordia e ho visto, se avete tempo fatele visita, che sul capo di alcuni personaggi in queste tavolette c’è la “corona di gloria” come generalmente vengono raffigurati i santi, così pensavo che questa “corona di gloria” fosse sul capo di Gesù.
Mi sono accorto che i personaggi erano diversi, non era la stessa figura di Gesù.
Alla persona che ci accompagnava ho chiesto il significato, e lei ha risposto con una cosa molto bella che vorrei consegnarvi, in quella raffigurazione di quelle tavolette la “corona di gloria” non è su Gesù che non c’è, non è su colui che fa la carità, questi personaggi la “corona” non ce l’hanno, perché la “corona” è sulla testa del povero che è il personaggio che incarna Cristo.
Questo primo pensiero sulla misericordia vorrei arricchirlo proprio con questo invito: quando incontriamo un povero pensiamo a questa immagine lui ha la “corona di gloria”, non noi!
Anche se poi siamo noi a compiere un gesto di carità, ma quel gesto di carità è fatto a Cristo.
Faccio un altro accostamento, perché immagino che Padre Guido non avesse solo dispensato il pane, non avesse avuto solo la bicicletta dove metteva le sporte per il cibo.
Padre Guido  era religioso e sacerdote, credo che lui abbia dispensato un’altra misericordia, quella che oggi ci è ricordata nel Vangelo: “Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi… ricevete lo Spirito Santo, a coloro a cui perdonerete i peccati saranno perdonati, a coloro a cui non perdonerete non saranno perdonati”.
L’altra faccia della Misericordia è per noi il Cristo crocifisso che alla sua Pasqua ci ha meritato il perdono, ora se questa Misericordia discende da Dio sana la nostra coscienza e la nostra vita dai peccati la Misericordia che esercitiamo è il frutto di quanto noi abbiamo ricevuto.
Questo è il primo pensiero che vi affido.
Nel secondo pensiero che vi affido desidero intrecciare la Parola di Dio e la vita di Padre Guido.
Tommaso uno dei dodici non crede, afferma candidamente che se non vede e non tocca non crede, siamo un po’ tutti Tommaso, e non so fino a che punto la misericordia di Dio ci ha dato una fede così totale di non pensare a una qualche dimostrazione visiva di quello che crediamo.
Noi cari figlioli siamo condannati ai segni che introducono alla Verità, allora bisogna che qui facciamo un passo di coraggio: voglio essere o non voglio essere destinatario della beatitudine del Signore Gesù?
“Beati quelli che non hanno visto ma hanno creduto”, noi siamo i destinatari di questa beatitudine di grazia e faccio questo accostamento: certe opere come queste di Padre Guido non si fanno se non c’è la fede, non continuano se non c’è la fede, non danno risposta a tanti problemi concreti se non c’è la fede, tutto questo per un motivo molto semplice: perché Gesù l’ha detto e chi fa un’opera di carità deve ricordare questa parola: “ L’avete fatto a me”.
Il povero è un segno della presenza di Cristo e se io non ho risolto il problema della fede con Lui, non farò mai le cose che Lui mi ha detto, come ad esempio le opere di misericordia verso i poveri.
Il povero è il segno visibile della realtà di Cristo.
Carissime sorelle (rivolto alle suore Missionarie francescane di p. Guido) a queste persone che aiutate parlategli qualche volta di questo, noi lo facciamo in nome di Gesù Cristo, perché dare da mangiare lo possono fare tutti, ma noi lo facciamo perché Gesù, in cui crediamo, ci ha detto:  “L’avete fatto a me.”
Allora caro povero mèritati di essere tu colui che offre al mondo la possibilità di fare il bene a Cristo!
Un terzo ed ultimo pensiero.
Su questo punto entriamo ancor di più tutti noi, perché le opere come quelle di Padre Guido, sono anche opere della comunità.
Noi come Chiesa e le stesse suore siamo grati alla città di Ancona che oramai da tempo cerca di soddisfare compiutamente i bisogni, perché vuole essere una comunità che partecipa, che cosa voglio dire?
Un’opera di carità è la misura della fede anche di una comunità; una comunità che è sorda a questi segni non solo è una comunità non credente, ma è una comunità che si condanna.
Che comunità dobbiamo essere? Quella che è scritta nella prima lettura di oggi, quelli che erano stati battezzati che cosa facevano, quale identità di comunità avevano? Facevano queste cose:
erano perseveranti nell’insegnamento degli apostoli, la loro vita era illuminata dalla parola di Dio che passava attraverso gli apostoli.
Erano perseveranti nella comunione, possiamo anche dire nella misericordia e non nella disunione come spesso oggi accade.
Erano perseveranti nello spezzare il pane, gesto eucaristico che Gesù ci ha insegnato, infatti prese il pane lo spezzò e lo diede… è un altro modo di rendere visibile la fede!
Infine erano assidui nella preghiera.
Mi piacerebbe pensare che la comunità di Ancona sia una comunità così: la Parola di Dio, la comunione tra fratelli, il pane spezzato per la solidarietà, la preghiera che, mi piace dire, non guasta mai!
Amen!
†  Edoardo Arcivescovo
(Il testo dell’ omelia è stato trascritto direttamente dalla registrazione, senza revisioni da parte dell’ autore )