“Cari fratelli e sorelle,
siamo qui radunati in preghiera, per rendere grazie a Dio, infinita Trinità, per tutti i Suoi benefici.
Il mio vivo e riconoscente ringraziamento, in questo momento, va al Santo Padre, Papa Francesco per la grande fiducia che ha riposto in me, nominandomi Arcivescovo Metropolita di questa Chiesa locale di Ancona-Osimo.
Un ringraziamento affettuoso e sincero lo rivolgo al nostro Cardinale Edoardo Menichelli, già Arcivescovo di Chieti–Vasto, che ha guidato l’Arcidiocesi di Ancona-Osimo per tanti anni con passione, con coraggio e zelo pastorale. Grazie Eminenza. Questa è casa sua, quando vuole, non deve bussare per entrare, le porte sono sempre aperte.
Un particolare ringraziamento lo rivolgo all’Arcivescovo di Chieti-Vasto Monsignor Bruno Forte, Presidente della Conferenza Episcopale Abruzzese-Molisana, a Monsignor Giuseppe Petrocchi mio metropolita in Abruzzo, a tutti gli Arcivescovi e Vescovi di quella Regione ecclesiastica e in modo particolare a quelli della Conferenza Episcopale delle Marche, a Mons. Claudio Giuliodori e a quanti sono venuti da altre diocesi.
Un saluto e un augurio a monsignor Luciano Paolucci Bedini eletto vescovo di Gubbio.
Ringrazio tutti i Sacerdoti, i Religiosi, i Diaconi, le Religiose, i Seminaristi qui convenuti.
Rivolgo un deferente saluto alla Sindaca Valeria Mancinelli, che rappresenta tutta Ancona. Saluto tutte le Autorità civili, militari, accademiche, di ogni ordine e grado.
Un saluto affettuoso alle persone venute da Colle d’Anchise, mio paese natale, da Campochiaro, da San Polo Matese, da Bojano, da Campobasso, dal Molise. A tante persone venute dall’Abruzzo, dalla bella Diocesi di Sulmona-Valva. Grazie per avermi accompagnato e per la vostra vicinanza in questo momento. Un proverbio dice: “Il primo amore non si scorda mai”. Resterete sempre nel mio cuore.
Rivolgo un caloroso saluto a tutti voi fratelli e sorelle di questa amata Arcidiocesi di Ancona-Osimo, così numerosi, per essere qui a pregare e ad accogliere il nuovo Pastore.
Abbiamo ascoltato il Vangelo che ci parla di due figli, ai quali il padre chiede di andare a lavorare nella vigna. Il primo risponde sì, ma poi va per i fatti suoi. Il secondo dice no, ma poi ci ripensa e va a lavorare. Gesù pone la domanda riferendosi all’agire dei due figli: “Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?”. I due figli descrivono anche i nostri atteggiamenti. Talvolta diciamo sì a Dio ma poi, presi dalle nostre preoccupazioni, vinti dal desiderio di essere protagonisti, delusi dalle attese, attratti dalle lusinghe del peccato, cediamo e rifiutiamo, dimenticando la buona volontà di essere obbedienti. Quante volte ci capita, purtroppo! Invece ci sono persone che all’inizio hanno detto no alla proposta di Dio, ma poi si sono lasciati intenerire il cuore e hanno seguito il Signore. I santi sono stati così.
È necessario convertire il nostro cuore da personaggio a persona. Quando agiamo con un cuore da personaggio agiamo per la scena, per l’applauso del pubblico, per l’apparire e per l’immagine. Quando agiamo con il cuore di persona, invece, rispondiamo alla nostra coscienza, agiamo per convinzione sia in pubblico che in privato, senza temere il giudizio dell’altro. La volontà del padre dei due figli non è tanto l’ubbidienza, quanto la vigna da coltivare e da custodire. Volontà del padre non è essere ubbidito, ma trasformare una porzione di selva in vigna. Cioè trasformare una vita sterile e inutile in una vita buona e fruttuosa di opere buone.
È un bel cammino quello che ci viene tracciato per lavorare nella vigna del Signore ed è possibile se teniamo fermi alcuni punti, come le cinque dita di una mano, che cominciano con la lettera “P”. “P” come Parola di Dio, che alimenta la nostra fede e illumina la vita; “P” come Preghiera, che ci unisce a Dio, e ci permette di sperimentare il suo amore, tutto viene da Lui; “P” come Penitenza, riconoscere i nostri peccati e confessarli per avere un cuore puro; “P” come il Pane di vita, la santa Eucaristia, farmaco di immortalità; “P” come Pace, dono di Dio e compito dell’uomo per vivere il comandamento dell’amore.
Con questi punti fermi desidero rivolgere una parola a voi, cari sacerdoti, che siete i miei primi collaboratori ed amici! Vi rinnovo con tutto il cuore la mia gratitudine e il mio affetto di Padre e di Pastore. Sono sentimenti, questi, non di circostanza, né sono dettati dal fatto che ben poco potrei fare senza di voi. Nascono piuttosto dalla piena coscienza di ciò che Cristo ha fatto in noi e di noi: una cosa sola con Lui, Sacerdote unico ed eterno. Ci ha sigillati con il sigillo del suo Spirito, configurandoci a Lui e permettendoci di mettere la nostra vita nelle Sue mani, così da dover agire nella sua stessa persona. E ci ha incorporati facendo di ognuno di noi un solo corpo con il Vescovo, così che io appartengo a voi come voi appartenete a me: non possiamo concepirci isolati, figli di noi stessi, sacerdoti solitari. Non abbiamo nulla da inventarci, ci ha inventati Cristo.
Il mio grazie, a tutti voi per la prossimità alla gente, nella fedeltà agli impegni sacerdotali. In tale ambito l’orizzonte di riferimento è la “diocesanità”, intesa come amore e piena dedizione alla propria Chiesa locale. Statemi vicino, così come io desidero con voi, e aiutatemi ad essere Padre e Pastore: ciò è sempre possibile quando in ciascuno vi è umiltà – che è spazio d’amore – libertà da sé stessi, amore a Cristo e alla Chiesa. In questo orizzonte, qualunque tentazione, difficoltà, presunzione, tutto si ridimensiona poiché sbiadisce di fronte al raggio di luce che viene dallo Spirito Santo.
Una parola piena di ammirazione e di affetto, la rivolgo alle famiglie, siete sempre nel mio cuore e nelle mie preghiere perché siete il segno della gratuità, dell’amore. Dio continua in voi il miracolo della vita. Grazie per la vostra testimonianza così bella. Care famiglie, pur nelle immancabili difficoltà quotidiane o perché ferite, siate la risposta concreta e alternativa all’individualismo radicale che respiriamo, e che spinge a vivere isolati gli uni dagli altri in nome di una autonomia che ci distrugge.
A voi cari giovani, desidero parlare da amico e da pastore. La vostra è l’età degli slanci e dei sogni; nel vostro ardore pieno di energie, siete protesi verso un futuro carico di speranze, spesso ancora indeterminate ma attraenti; avete la forza e l’ardimento, l’immaginazione creativa, il coraggio e la voglia di osare, di scoprire strade nuove.
Lasciatevi conquistare dal Signore Gesù, lasciatelo sempre più entrare nella vostra vita, fategli posto ed egli si metterà a tavola nel convito dell’amicizia e dell’amore.
A voi poveri e sofferenti cosa posso dire? Davanti a voi fratelli e sorelle segnati dalla sofferenza, siamo invitati ad inginocchiarci perché siete sacramento speciale di Cristo. Il mio sguardo di pastore non si stancherà di guardarvi, di scorgere i segni dei vostri disagi spirituali, fisici, morali, sociali. I ponti di accoglienza dovranno essere costruiti giorno per giorno con l’attenzione a tutti, senza muri e barriere, moltiplicando le reti virtuose delle parrocchie, della Caritas, delle aggregazioni laicali, dei volontari.
Come vescovo, successore degli apostoli, inizio oggi il ministero pastorale in questa antica, nobile e bella arcidiocesi di Ancona-Osimo, con la sua storia gloriosa. Vorrei dirvi con franchezza che non ho né oro né argento, ma quello che ho, il tesoro che vale più di ogni cosa: si chiama Gesù Cristo, salvatore e redentore dell’uomo, di tutto l’uomo. Il Vangelo, buona notizia che dà gioia, desidero ardentemente che raggiunga tutti.
Dopo essere stato a Loreto, nel primo pomeriggio per l’affidamento alla Madonna, mi sono recato a Numana, venendo via mare, fino al porto di Ancona. Ho ripensato alle tante traversate di Gesù sul mare di Galilea e ai discepoli spaventati dall’agitarsi delle onde.
Come loro, sulla barca nel mare in tempesta, guardiamo a Lui, al Signore Gesù, il Timoniere della Chiesa e della storia, che ci conduce salvi al porto sicuro.
In chiesa siamo tutti figli di Dio e perciò fratelli, chiamati a costruire la civiltà dell’amore. Fuori, nelle strade, nelle piazze, siamo cittadini chiamati a costruire il bene comune. Insieme con fiducia e coraggio ci sia l’impegno a promuovere quanto è necessario perché le nostre città siano affidabili e a misura d’uomo.
La Madonna di Loreto, patrona della nostra Regione Marche, la Madonna Regina di tutti i Santi, che veneriamo in questa cattedrale, i santi patroni san Ciriaco e san Leopardo ci custodiscano e proteggano nel cammino verso il Regno. Amen.”
Mons. Angelo Spina
Ancona, 1° ottobre 2017
Video omelia Mons.Spina
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